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All’inizio di questo 2020 ho scritto, senza pubblicarlo, questo articolo per il blog in cui parlo di ciò che informa il mio lavoro e, prima ancora, la mia vita. Lo pubblico oggi perchè, con ciò che stiamo vivendo, le considerazioni in esso contenute sono più che mai attuali.

Come più volte affermato in questo blog, ritengo fondamentale mantenere una visione d’insieme dell’individuo, della salute, conoscere prima di ogni altra cosa come funziona il nostro organismo, non soltanto sotto l’aspetto fisico, ma anche e soprattutto psichico, emotivo, energetico, spirituale.

Credo anche che sia essenziale porsi delle domande rispetto a chi siamo veramente e quale sia lo scopo di questa nostra vita, acquisire una consapevolezza che corrisponda ad un ascolto attivo, continuo, di noi stessi e della natura di cui siamo parte, prestando attenzione a tutto ciò che ci circonda e, in fine, sviluppare il senso di responsabilità. 

Tutto ciò mantenendo un atteggiamento di meraviglia, entusiasmo, gratitudine di fronte al continuo spettacolare miracolo che è la vita. 

Lo avevo lasciato in bozza, dando la precedenza ad altre priorità.

Rileggendolo ora ci colgo un qualcosa di profetico, soprattutto quando parlo della questione del “tempo”.

Un tempo che il coronavirus ha magicamente generato

No, soltanto “svelato“. 

Quel tempo è sempre stato lì, presente e disponibile, ma che noi non percepivamo, travolti dalla frenesia della vita che ci siamo creati, scambiandola e vivendola come fosse la “vera” vita. 

Questo meccanismo lo attiviamo passivamente e automaticamente per tanti altri aspetti della nostra vita, rischiando di farcela sfuggire di mano. 

Ecco che il coronavirus ci offre questa straordinaria occasione: renderci più lucidi, capire cosa c’è che non andava in quella che chiamavamo normalità, capire chi siamo, dove stiamo andando, fermarci ad ascoltare in silenzio, ristabilire la scala delle priorità, capire quali cambiamenti apportare per esprimere la nostra autentica essenza e vivere la vita con pienezza, onorandola ogni singolo momento, con gratitudine. 

Non mi corrisponde, di questo nostro sistema che si occupa di salute, la mancanza pressoché totale di “ascolto” globale nei confronti dei pazienti.

Per globale intendo non soltanto l’ascolto relativo all’aspetto che riguarda la manifestazione del sintomo, quindi l’attenzione all’organo correlato, alla malattia, secondo quella che chiamiamo visione meccanicistica, ma l’attenzione, quindi l’ascolto, che dovrebbe essere piuttosto della persona nella sua interezza, secondo quella che è la visione olistica, soprattutto  la valutazione dell’aspetto psicologico, che ci permette  di resistere rispetto ai fattori esterni (resilienza). 

Manca totalmente questo tipo di approccio, primo perché manca proprio la cultura che  prevede una visione d’insieme dell’individuo (olistica appunto), inteso come microcosmo, inserito ed interagente con un macrocosmo, secondo perché un simile approccio richiede del “tempo” da dedicare.

Troppo “tempo“.

Certamente più “tempo” rispetto alla semplice e veloce prescrizione (o dispensazione!!) di qualche rimedio, conseguente ad un’interazione con il paziente (paziente/cliente…) di qualche minuto, superficiale, distratta e ansiogena.

Occupandomi di salute, essenzialmente nella delicata e decisiva fase della prevenzione, dopo tanti anni di studi, ricerca, esperienza clinica, trovo più rispettoso ed efficace e anche spontaneo, dopo aver favorito un atteggiamento il più possibile rilassato, pacificando la mente predisponendola all’ascolto, favorire l’auto-ascolto dell ‘individuo, guidandolo, anche nell’aspetto dell’informazione consapevole, facendogli ri-scoprire come funziona il suo sistema mente/corpo, i segnali che gli invia quando sta allontanandosi da quell’equilibrio che corrisponde alla salute, rendendolo così in grado di modificare ” la rotta” e ripristinare quell’equilibrio stesso.

Tutto questo l’ho esplicitato nel “trattamento depurativo integrato“,  che ho ideato, e che rappresenta la sintesi di questo modo di intendere l’individuo e la salute.

La salute intesa, però, come definita già dall’OMS: stato (o meglio processo) di completo benessere fisico, psichico e sociale, non soltanto assenza di malattia. 

La salute intesa come stato d’animo, oltre che stato biologico, in cui l’individuo si sente in grado di realizzare i propri progetti nella vita con un senso di libertà, amore e felicità.

È con questo approccio che si diventa capaci di attingere a quell’intelligenza innata che favorisce i processi di guarigione e di rigenerazione. 

Un approccio che richiede certamente più “tempo” da dedicare.

Come possiamo intervenire sul processo dinamico della salute, se non sappiamo come funziona il nostro meraviglioso unico e irripetibile organismo in ogni suo aspetto di essere multidimensionale (non di semplice macchina biologica) ? 

Dobbiamo prendere coscienza del fatto che ogni minima interazione del nostro sistema mente/corpo, a partire dal cibo che ingeriamo, ma anche e soprattutto come lo ingeriamo, dalla modalità con cui sappiamo affrontare ciò che viene definito come stress, da come gestiamo le nostre emozioni, da come prendiamo conspevolezza del ritmo e della profondità della respirazione, della qualità del sonno, ecc, tutto questo provoca una risposta fisiologica in grado di modificare macroscopicamente la nostra salute.

Soltanto con la conoscenza di tutto questo, che non corrisponde alla semplice acquisizione passiva e sterile di nozioni, con consapevolezza e senso di responsabilità, possiamo acquisire quella capacità di innescare il cambiamento autentico che, passo dopo passo, conduce nella direzione di un percorso di vera guarigione.

Quello che si scopre, alla fine, è che quel “tempo”, che inizialmente sembrava mancare, lo si ritrova totalmente guadagnato. 

Perché non c’è niente di più importante e sacro del tempo dedicato a capire come funziona e in che modo possiamo mantenere in equilibrio quello straordinario sistema integrato corpo, psiche, anima, emozioni che noi siamo, onorando in questo modo il miracolo che è la vita.

La chiave di volta, a mio avviso, è data dalla ri-acquisizione della  capacità di prestare “attenzione” costantemente a ciò che accade, prima di tutto, dentro di noi, avvalendoci anche delle pratiche meditative, che favoriscono la connessione con la nostra essenza più profonda.

Spegnere il rumore esterno per mettersi all’ascolto dell’universo che è dentro di noi. 

Prendiamo coscienza del fatto che il nostro organismo rappresenta una rete psicosomatica, dove, se il flusso di informazioni e di molteplici circuiti di feedback è regolare, armonico, non ostacolato dai nostri comportamenti non consapevoli e poco responsabili, garantisce un continuo equilibrio (omeostasi) che corrisponde alla salute. 

Questa è la forza, la capacità innata del nostro complesso mente/corpo, che dobbiamo soltanto riscoprire.

Le “prove” possiamo sperimentarle proprio su di noi, trasferendole poi per osmosi e facendo da modello a chi sta intorno a noi, osservando che non soltanto la nostra salute psichica, fisica, mentale è migliorata, ma anche le nostre relazioni, la nostra vita intera, in ogni suo aspetto. 

La medicina come la conosciamo noi, sta dimostrando di non essere più all’altezza e in grado di risolvere i problemi che si stanno presentando. 

Deve trasformarsi e abbandonare l’approccio limitato, frammentario, meccanicistico, diventando integrata, umanizzata, personalizzata, olistica e quantistica, sì perché non possiamo continuare a negare la nostra natura energetica e che, quindi, la malattia e la salute sono frutto dello stato energetico, come peraltro le antiche medicine orientali sanno da millenni. 

L’aspetto della prevenzione deve essere prioritario, l’ascolto, l’accoglienza, la valutazione dell’aspetto psicologico, il ruolo delle emozioni, dell’alimentazione, della respirazione corretta, del movimento fisico, la possibilità di “cucire” una terapia su misura per quel soggetto, attingendo prioritariamente ai rimedi naturali, quindi rivalutando la medicina cosiddetta non convenzionale, considerata una parte sottostimata delle cure mediche: medicine tradizionali, cinese, ayurvedico, agopuntura, come pure gli approcci a mediazione corporea: fitoterapia, omeopatia, Aromaterapia o quelli a mediazione energetica. 

Forse è questo il momento giusto per avviare il cambio di paradigma, ri- considerare l’essere umano, come dimostrano le ricerche degli ultimi decenni, non solo come sede di processi biochimici e molecolari, ma prima di tutto di fenomeni energetici, biofisici, vibrazionali. 

La “coscienza” appare essere sempre di più il fattore unificante sotteso a biologia, biochimica, biofisica e piano animico. Una coscienza in grado di orchestrare qualcosa che la mente razionale non può concepire

Ecco che allora  può avvenire il passaggio verso una medicina in grado di considerare tutti questi aspetti, dove, alla fine, la guarigione assume il significato di allineamento con quella coscienza intelligente, senza tempo e senza spazio, come peraltro tramandato dall’antica sapienza millenaria vedica e di altre antiche filosofie e che la meccanica quantistica sta confermando.

Consapevoli del fatto che la guarigione scaturisce sempre da un livello di organizzazione più alto e qualsiasi terapeuta o rimedio o tecnica non assume altro che il ruolo di “facilitatore” . 

Medicus curat, natura sanat. 

Non è un’utopia, i segnali ci sono, per chi sa coglierli, e questo è il TEMPO.

Daniela Angelozzi

Farmacista di professione, andando in bicicletta ho scoperto il significato del movimento associato al vivere immersi nella natura, alla ricerca della bellezza. Per descrivere di cosa si tratta ho coniato la definizione: "meditazione dinamica". Il mio è un approccio olistico al tema della salute e del benessere come equilibrio psicofisico. La bici è equilibrio.

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Un articolo di Anna Donati, portavoce dell’Alleanza Mobilità Dolce (AMODO)

Uno studio SIMA illustra l’ipotesi, basata sui dati della Pianura Padana, che più alto è l’inquinamento atmosferico più larga è la diffusione del coronavirus.

Ognuno di noi responsabilmente deve rispettare le regole e contribuire a fermare il contagio. Adesso la priorità è salvare le persone contagiate in grave difficoltà respiratoria e tutelare i lavoratori del sistema sanitario e dei servizi essenziali, a cui va il nostro pensiero colmo di gratitudine.

Molti esperti si interrogano sul fenomeno, sulle cause scatenanti, emergono studi che parlano di pandemia annunciata, di come la globalizzazione ed il trasporto veloce di lunga distanza abbiano accelerato il contagio globale, facendoci trovare completamente impreparati.

E’ una dura lezione per tutti/e che costringe ad aggiornare l’agenda, rivalutare il ruolo della sanità pubblica, ripensare alle politiche di prevenzione per l’ambiente e la salute. Dove molte cose sul contagio coronavirus sono ancora da studiare, comprendere e mettere in correlazione per darci indicazioni motivate e rigorose sulle politiche per il futuro.
Un Position Paper pubblicato in questi giorni dalla Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA)  redatto in collaborazione alle Università di Bari e di Bologna,  ha esaminato i dati sulle emissioni di PM10 e PM2,5 delle Agenzie Regionali per la protezione ambientale, incrociandoli con i casi di contagio riportati dalla Protezione Civile.

Lo Studio parte dal richiamare diverse ricerche scientifiche che descrivono il ruolo del particolato atmosferico come “carrier”, cioè come vettore di trasporto e diffusione per molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus. Questa è una teoria generale piuttosto consolidata per chi studia i problemi di emissioni inquinanti e qualità dell’aria.

Il PM10 e PM2,5 come autostrade per il coronavirus?

Sulla base di questi studi pregressi i ricercatori italianai hanno esaminato i dati delle centraline di rilevamento attive sul territorio nazionale, registrando il numero di episodi di superamento dei limiti di legge del PM10 (50 microg/m3 di concentrazione media giornaliera) nelle province italiane. Parallelamente, sono stati analizzati i casi di contagio da COVID-19 esposti della Protezione Civile.

Dall’analisi è emersa una relazione tra i superamenti dei limiti di legge delle concentrazioni di PM10 registrati nel periodo tra il 10 e il 29 febbraio e il numero di casi infetti da COVID-19 aggiornati al 3 marzo, considerando quindi il tempo di incubazione del virus fino alla identificazione della infezione contratta dalle persone.

Ma sono gli stessi ricercatori per voce di Alessandro Miani, presidente della SIMA a sottolineare che “in attesa del consolidarsi di evidenze a favore di questa ipotesi presentata nel nostro Position Paper, in ogni caso la concentrazione di polveri sottili potrebbe essere considerata un possibile indicatore o ‘marker’ indiretto della virulenza dell’epidemia da Covid-19”.

Il Position Paper chiude richiedendo alle istituzioni pubbliche misure restrittive per il contenimento dell’inquinamento, come azione di prevenzione a tutela della salute e dell’ambiente in cui viviamo.

Sembra evidente che questa ipotesi di correlazione andrà approfondita ed estesa sulla base di dati ed indagini di lungo periodo, insieme a molte altre ricerche che andranno svolte su quanto sta accadendo a livello mondiale e locale con la pandemia da coronavirus, per fornire motivazioni e soluzioni alla crisi che stiamo vivendo.

Di certo sappiamo che l’inquinamento dell’aria provoca numerosi morti premature in Europa, molto spesso nell’indifferenza generale, in particolare della comunicazione e delle istituzioni. Secondo il Rapporto sulla qualità dell’aria 2019 dall’Agenzia Europea per l’Ambiente, lo smog ha causato circa 412.000 decessi prematuri di persone in Europa nel 2017 e per l’Italia sono state 76.200 morti premature. Il nostro paese ha il valore più alto dell’Ue di decessi prematuri per biossido di azoto NO2 con 14.600 persone, Ozono O3 con 3.000 morti premature e per il PM2,5 è seconda con 58.600 morti premature.

Il traffico veicolare di merci e passeggeri ha un ruolo fondamentale come ci dicono gli studi di ISPRA sull’inquinamento atmosferico nel nostro paese, ed in certi territori come la Pianura Padana a causa delle condizioni meteo e della morfologia, hanno una maggior stagnazione per la mancanza di ventilazione e rimescolamento dell’aria.

Puntare su mobilità sostenibile, dolce ed attiva

E’ necessario dunque cambiare l’attuale modello di trasporti e puntare sulla mobilità sostenibile e mobilità dolce. Che non significa “stare fermi” ma muoversi con mezzi a basso o zero impatto, eliminando gli spostamenti inutili e dando la preferenza a soluzioni smart. Camminare, usare la bicicletta e la sharing mobility, utilizzare il treno, un autobus, scooters, auto e micromobilità elettrica, usare un veicolo commerciale elettrico per la consegna delle merci, affollare strade, piazze e spazi pubblici, è la nostra visione per la città ed i territori del futuro.

Anche smart working e servizi digitali sono un contributo concreto a ridurre gli spostamenti inutili e facilitare la vita delle persone e delle imprese. Ma questo implica che le connessioni siano estese in modo efficace a borghi, paesi, vallate ed appennini, dove invece esiste il digital divide, con la rete scarsa e lenta. Perché altrimenti aumenteranno le diseguaglianze, lo spopolamento e si ridurranno le opportunità di restanza sui territori.

Nelle prossime settimane saranno prese dal Governo italiano e dalla Commissione Europea ulteriori misure per l’economia, il lavoro, le imprese, i servizi. C’è da augurarsi che non vengano riproposte vecchie ricette basate su grandi opere, asfalto e cemento.

E si punti invece con decisione al futuro con lavori legati al Green Deal, contro il dissesto e la rigenerazione del territorio, per la mobilità sostenibile e la decarbonizzazione dei trasporti.

Un piano per il potenziamento di un efficace sistema sanitario pubblico, per dare impulso alla ricerca, formazione e sistema scolastico, per rigenerare le città, riqualificare l’edilizia anche contro il pericolo sismico, per il risanamento dei siti inquinanti e la riconversione ed innovazione industriale. Per promuovere il turismo sostenibile, piccoli borghi, le produzioni locali e la biodiversità, di cui il nostro paese è cosi straordinariamente ricco.

In questi tempi di pandemia in molti dicono che niente sarà come prima e c’è da crederci.  Ma non diamo per scontato che possano emergere solo soluzioni intelligenti, eque e sostenibili, perché il vecchio e l’inerzia del passato sono sempre in agguato.  Quindi anche ora servono idee innovative, impegno e confronto pubblico per le scelte del nostro Paese.

Anna Donati

Valter Ballarini

Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.

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Ho scritto molto sull’importanza di sviluppare, oltre alla conoscenza, una consapevolezza che ci possa guidare nella direzione giusta nello strutturare giorno dopo giorno la nostra vita e la nostra salute.

Tuttavia mi rendo conto che questo meccanismo, chiamiamolo virtuoso, non può innescarsi soltanto perché c’è qualcuno che ci invita a farlo per il nostro bene, né è possibile acquisire gli strumenti necessari, magari attraverso corsi, seminari, ecc., se prima non scatta qualcosa di importante dentro di noi.

Senza il famoso “click interiore” non può accadere nulla, o se accade è soltanto qualcosa di temporaneo, un’illusione, non il “cambiamento” autentico che ti mette su quel cammino dal quale non è possibile tornare indietro: il cammino che ti porta a ritrovare il tuo “es” e ad essere libero.

Questi giorni, stando a contatto con il pubblico per via del mio lavoro in farmacia, sto assistendo a qualcosa che stimola ancora di più le mie riflessioni, la mia ricerca interiore, le tante domande che mi pongo quando osservo certi comportamenti, primo tra tutti il mio.

La prima fortissima sensazione è senza alcun dubbio quella associata alla paura.

In realtà la paura la percepisco sempre in ogni momento, ma ora è ancora più evidente perché le paure di ogni singolo individuo si sommano dando vita ad una paura collettiva che diventa qualcosa di indefinito e che si trasforma in angoscia. La paura in questi giorni è senz’ altro la protagonista assoluta.

Le persone sono in cerca, e capisco benissimo, al di là del disinfettante per le mani, delle mascherine, e di sistemi di difesa a cui aggrapparsi, di quel qualcosa che possa sollevarle dalla morsa della paura.

Il coronavirus produce un’infezione respiratoria che, proprio per la paura diffusa che genera, prima ancora di contagiarti genera una sorta di mancanza d’aria.

Quando la paura diventa cronica, avvengono nel corpo, e prima nella mente, delle modificazioni biochimiche per cui il respiro diventa corto, le cellule (tutte!) non ricevono più il giusto apporto di ossigeno e sostanze nutritive, il cuore comincia a battere con maggiore frequenza, ti senti  letteralmente “soffocare”, inevitabilmente cominci a visualizzare sale di rianimazione e intubamenti vari.

I pensieri di preoccupazione diventano così incalzanti  che ti si annebbia  la mente e cominci a perdere la lucidità, tutto il corpo si irrigidisce, ogni muscolo resta in tensione in modo cronico, con tutte le relative conseguenze.

La confusione dentro di te è tale per cui non riesci a capire, a ri-connetterti con il “dentro di te” e a “sentire” qual è la giusta direzione da seguire in quel momento. Insomma prima resti totalmente in balia del te stesso impaurito, e poi degli altri, cioè è avvenuta la trasformazione in “automa“, segui il flusso….ma non il tuo, quello del Noi.

A questo punto però, se si riescono a prendere le distanze (e non mi riferisco al metro di distanza obbligatorio da mantenere per evitare il contagio!), cioè si rimane ad un livello (mentale!) soltanto di osservazione distaccata si riesce ad acquisire una prospettiva diversa, una lucidità e quindi una centratura che ci protegge dall’essere travolti dal flusso esterno spaventoso e devastante.

A me aiuta tantissimo la respirazione che mi permette di innescare facilmente il passaggio dal fuori al dentro di me….e posso farlo in qualsiasi momento, purché abbia la “consapevolezza” del mio essere “fuori” e la motivazione per “rientrare”.

In questo modo posso sicuramente essere più efficace nello svolgere il mio lavoro che punta sull’interazione empatica, sull’ascolto, sull’informazione, sul facilitare il famoso click interiore, senza trascurare tuttavia l’aspetto più tradizionale della mia professione.

L’osservazione, come dicevo, parte prima di tutto da me stessa.

Gli effetti del corona virus sono evidenti. Della paura ho parlato. C’è desiderio di certezze, di essere rassicurati, di avere buone possibilità di uscire indenni da questa nuova minaccia.

Siamo sicuri che sia possibile ?

Penso ormai di aver acquisito il concetto che l’unica certezza che ho è quella dell’incertezza.

Riuscire a riconoscere l’incertezza come tua amica, come potenziale da cui poter trarre tutto ciò che di meglio esiste, non è il risultato di un atteggiamento delirante o isterico, ma di anni di ricerca interiore, di confronto, di osservazione, di allenamento, di periodi di confusione (come questo!!), di domande (senza risposta!) su chi sono veramente, dove vado, sul senso di questa esperienza terrena, di sofferenza, di ego, di tentativi tuttora in corso di demolizione dell’ego….e tante altre cose ancora.

Come faccio ad esserne così “sicura”? Sicura che l’unica certezza sia l’incertezza ? E… riuscire a rimanere serena ?

L’unica risposta autentica che posso dare è: sono sicura perché “sento” che è così.

L’obiezione razionale che viene spontanea è che già affermando di essere ” sicura” sto contraddicendomi….

Come faccio ad essere sicura se la sicurezza e’ nell’insicurezza ?

Certo… ma questo è un approccio lontano dal “sentire ” che intendo….

E quel “sentire” non è possibile tradurlo in parole. C’è e basta. Mi “affido” alla sensazione che mi suscita.

Una sensazione di quiete, pace, di comodità, ma non solo dal punto di vista emozionale, mentale, anche fisico, perché il cuore mantiene un giusto ritmo, ogni muscolo del corpo è rilassato, l’energia aumenta.

Magari poter stare continuamente in questo “stato”…!!!

A volte però, perdo “l’attenzione”, e  scivolo di nuovo nel fuori di me, e subisco l’effetto “frullatore“:  il coronavirus ci sterminerà, ma no, non è così letale, è tutta una bufala per renderci schiavi, no è letale, uccide anche i giovani, è come l’influenza ma molto più contagioso, non è come la semplice influenza e’ molto peggio, il virus sta diventando più aggressivo, coronavirus come “cavallo di Troia”, se rispetti le regole salvi te stesso e tutta la comunità, la vitamina C ti salva dal virus, guarda che ogni minuto il tuo organismo combatte con un virus, un batterio, un oncogeno, sii rispettoso del tuo sistema corpo/mente, ma ogni momento della tua vita, non soltanto ora che hai paura di perderla, il coronavirus galleggia nell’aria fino a 20/30 minuti, complotto da coronavirus, morti in quantità, si sono inventati sia il numero dei contagiati sia i tanti morti, costretti in casa a fare i conti con se stessi, con i figli, con il partner, meglio piuttosto  esporsi al contagio e ai corrispondenti rischi, le case si trasformano in prigioni, ma per alcuni diventa un’occasione di ri-acquisizione  del proprio “tempo”, della possibilità di dedicarsi a tutto ciò a cui avevi rinunciato per mancanza di quel tempo, anche cose banali, ma che facilitano la connessione con te stesso, no,  questo è un sequestro di 60 milioni di italiani, i medici intervistati sulla devastante situazione non sono medici sono attori ingaggiati per ingannarti, denunciamo per procurato allarme, andiamo tutti a Bergamo a protestare, questa situazione surreale ci fa sviluppare nuove connessioni neuronali,  …. potrei continuare all’infinito.

Se riusciamo ad osservare con distacco, in assenza di giudizio, la nostra reazione psicofisica  (paura, incredulità, ansia, dubbio, panico, tachicardia, tensione muscolare, pace, serenità …) nel leggere le frasi precedenti, che sicuramente sono arrivate a ciascuno di noi in questi giorni da ogni dove, ecco, io credo che questo possa aiutare nel cammino della consapevolezza, a cercare e trovare nel profondo di noi stessi non tanto una verità, perché la verità non esiste in assoluto, ma quel “sentire” di cui parlavo precedentemente, quel qualcosa che, miracolosamente, spegne tutti  i rumori esterni, tutto il chiacchierio esterno, che poi è la proiezione del tuo chiacchierio interno, e finalmente raggiungi quel “luogo ” silenzioso, dove c’è TUTTO perché non c’è NIENTE.

Alla fine raggiungi quella consapevolezza che nel “frullatore”, se permetti, posso pure decidere di non entrare, di restare in osservazione mantenendo il più possibile la lucidità, cercando di mantenere sempre una visione d’insieme, una visione da ogni possibile angolazione, una visione sempre laterale, comportandomi di conseguenza.

Coronavirus o no continuo ad onorare questa vita che mi è stata concessa, con gratitudine, “fidandomi” delle mie intuizioni, che non è detto siano giuste, ma va bene lo stesso, seguendo il flusso, ma quello “cosmico” , il cosmo (macro!) di cui io rappresento una piccolissima parte (micro!), cercando e riuscendo a trarre il meglio da ogni situazione.

Attualmente siamo facilitati, vediamola così, abbiamo tutto il tempo (mica è così scontato!) per starcene in silenzio, anche chi abita in città può godere del silenzio esterno, si ri-sente soltanto il canto degli uccellini, la presenza della natura, fondamentale per il nostro equilibrio psicofisico, ora si percepisce pure in città.

Vista così, almeno questo, “sembra” un effetto positivo.

Lo è, chi può negarlo….?

Daniela Angelozzi

Farmacista di professione, andando in bicicletta ho scoperto il significato del movimento associato al vivere immersi nella natura, alla ricerca della bellezza. Per descrivere di cosa si tratta ho coniato la definizione: "meditazione dinamica". Il mio è un approccio olistico al tema della salute e del benessere come equilibrio psicofisico. La bici è equilibrio.

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