Diciamo la verità: le ciclabili servono per togliere di mezzo i ciclisti dalle strade e dal traffico veicolare e quasi mai per rendere più sicuro e più interessante il percorso per chi si muove in bicicletta.
Piuttosto che affrontare il problema della convivenza tra mezzi, funzioni e filosofie di vita diverse, le ciclabili tendono a ghettizzare i ciclisti e a limitarne la libertà.
Le mie sono affermazioni in controtendenza, dal momento che la maggior parte delle persone invoca la costruzione di ciclabili ovunque e, recentemente, siano state impegnate notevoli risorse (ma chissà quando saranno spese…) per realizzare un sistema infrastrutturale basato su un concetto obsoleto, mutuato da quello adottato dai costruttori di autostrade e di ferrovie ad alta velocità: le ciclovie turistiche nazionali.
Eppure la soluzione sarebbe a portata di mano: ristrutturare l’esistente e cioè l’immenso patrimonio di strade secondarie che caratterizza il paesaggio del paese più bello del mondo e ne è stato per anni il sistema nervoso e linfatico, mettendo in collegamento frazioni e luoghi sperduti con il resto del paese.
Questo patrimonio è in dismissione perchè tutta l’attenzione è rivolta altrove. Compresa l’attenzione dei ciclisti che invocano la costruzione di ciclovie, ciclabili e “riserve indiane” come compensazione per la perdita, ovunque, di ciclabilità, il vero grande valore da difendere.
Personalmente sono contrario a tutte le forme di ghettizzazione e difendo con forza e convinzione l’idea che è implicita nell’uso della bicicletta: la libertà.
Non tutte le piste ciclabili sono dei ghetti, alcune sono bellissime come il breve tratto sperimentale del Lago di Garda ci mostra in tutta evidenza. La gardesana è pericolosissima e fitta di gallerie invivibili per i ciclisti e la soluzione della ciclabile a sbalzo è geniale e bellissima da percorrere e da vedere.
Non è che ce ne siano tanti altri di esempi compiuti in Italia di ciclovie integrate nel paesaggio e che lo rendano più fruibile, ma, fortunatamente, il concetto di “greenway” si sta sempre più affermando rispetto a quello di “ciclabile” invocato dai più (che poi, in fondo, sono gli automobilisti o i ciclisti per necessità e non per passione…).
Ma proviamo a vedere le cose da un altro punto di vista.
Le autostrade sono state costruite solo per le auto o anche per i TIR e gli autobus ?
Magari agli automobilisti piacerebbe poter viaggiare sempre in autostrada senza i TIR.
Credo che anche agli autisti dei TIR piacerebbe poter viaggiare senza auto su strade a loro riservate.
Ai ciclisti piacerebbe procedere su strade prive di traffico. Stessa cosa vale per i pedoni, che vedono anche i ciclisti come un pericolo.
E i cavalli…?
Se ciascuno avesse delle proprie strade da percorrere, saremmo tutti più felici ?
Secondo questa logica il mondo diventerebbe un groviglio di strade destinate ciascuna a utenti diversi, e non credo proprio che saremmo più felici. Forse più sicuri, certamente meno liberi.
E poi, che noia…
Andar per ciclabili è noioso quanto andar per autostrade. Ci si ritrova canalizzati in un flusso che, dopo un po’, speri solo che finisca presto.
Non è un caso che si stia pensando di automatizzare totalmente le auto (sempre meno mobili) perchè un robot è più efficiente e sicuro di un automobilista annoiato e distratto, occupato a telefonare, chattare, navigare su Internet, guardare video… meno che guidare.
Il ciclista e il cicloturista percorrono ogni anno milioni di km scegliendo prevalentemente strade secondarie perchè mal sopportano il traffico e perchè amano le curve, le salite, le discese e si annoiano nei piatti rettilinei in pianura. Hanno gusti opposti a quelli della maggior parte degli automobilisti e di chi è costretto a muoversi “da pendolare”.
Sono loro i veri conoscitori del sistema viario che rende accessibili le meraviglie di questo paese. Sono loro che vanno alla scoperta di luoghi ed emozioni che costituiscono il vero appeal che informa l’immaginario di miliardi di potenziali turisti del Bel Paese e del Bel Vivere.
Sono loro che possono indicare la strada migliore… che non è quella di alimentare il sistema degli appalti di opere pubbliche inutili e costose e di indirizzare le risorse nella manutenzione e riqualificazione dell’esistente.
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