Nel leggere questi dati che riporto di seguito, mi sono resa conto che i media e la politica si stanno occupando di cose, probabilmente importanti, senza però occuparsi con serietà e consapevolezza di altri temi, come l’alimentazione, ritenuti secondari, che hanno però degli effetti devastanti sulla vita di tutti noi.

Nell’anno 2012, nel mondo intero, sono morte 56 milioni di persone. Come sono morte ?

Non prendendo in considerazione la vecchiaia, gli incidenti di vario genere ed altre cause:

  • 620.000 sono state vittime della violenza umana. In particolare: le guerre hanno ucciso 120.000 persone, il crimine ne ha colpito un ulteriore mezzo milione.
  • 800.000 persone si sono suicidate.
  • 1,5 milioni di individui sono morti di diabete.

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Daniela Angelozzi

Farmacista di professione, andando in bicicletta ho scoperto il significato del movimento associato al vivere immersi nella natura, alla ricerca della bellezza. Per descrivere di cosa si tratta ho coniato la definizione: "meditazione dinamica". Il mio è un approccio olistico al tema della salute e del benessere come equilibrio psicofisico. La bici è equilibrio.

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Costruire il gruppo è la traduzione di “Team Building“, un termine che sta entrando in uso anche in Italia in quelle aziende che hanno interesse a creare delle nuove connessioni sociali tra i propri dipendenti. Ho appena partecipato come guida cicloturistica ad una esperienza promossa dalla GSK, la nota multinazionale farmaceutica con sedi in Italia e in tutto il mondo. Continua a leggere

Valter Ballarini

Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.

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Raramente guidando l’auto ci si rende conto dello stato in cui si trovano i bordi delle nostre strade. La rete delle strade regionali, provinciali, comunali italiane, senza tener conto delle autostrade, misura 837.493 km.

Per calcolare la lunghezza dei bordi basta raddoppiare il dato ottenendo circa 1,7 milioni di km. Le strade sono di varie tipologie ma la caratteristica che le accomuna è la presenza di una carreggiata dove transitano i veicoli, di una banchina che ne definisce il bordo esterno (non sempre praticabile) e di una fascia di rispetto tra la banchina e il confine esterno, molto spesso di terra con vegetazione, quasi sempre spontanea.

La banchina e la fascia di rispetto sono interessate da un fenomeno inquietante rappresentato dall’abbandono di rifiuti da parte dei vari utenti della strada.

Lungo tutte queste strade, con poche eccezioni (quando si attraversano centri urbani ben amministrati), c’è una ininterrotta sequela di rifiuti di vario tipo. Prevalentemente si tratta di bottiglie di plastica o di vetro, pacchetti di sigarette, contenitori di succhi di frutta e bevande, involucri di alimenti e altre tipologie di rifiuto tutte riconducibili a scarti di consumi effettuati dagli stessi utenti della strada che, aprendo il finestrino, li gettano sui bordi della strada.

Il fenomeno è generalizzato ed è difficilmente arginabile a valle con interventi da parte dei proprietari delle strade e dei cittadini di buona volontà che provano a ridare dignità a queste strisce di territorio considerate discariche dai più.

La rilevanza del problema può essere individuata in modo particolare dai cicloturisti (più che dai cicloamatori che percorrono a velocità più elevate le stesse strade, concentrati sulla ruota di chi li precede). Questi si muovono ad una velocità moderata e sono in grado di osservare ciò che li circonda, tanto da poter rilevare pienamente il fenomeno delle discariche a bordo strada.

Tra questi rifiuti si possono osservare anche gli involucri di barrette energetiche utilizzate dai ciclisti e questo sta a significare che anche loro non sono immuni da comportamenti incivili e sconsiderati. Ma questo tipo di rifiuti è comunque irrilevante rispetto ai pacchetti di sigarette che sono onnipresenti a testimoniare il fatto che il fumo delle sigarette, oltre a uccidere chi fuma, ne annebbia il cervello, dando vita a comportamenti inspiegabili altrimenti.

Il problema non è facilmente risolvibile. Si tratterebbe di ripulire i bordi delle strade attraverso una campagna a livello nazionale che coinvolga sia i proprietari delle strade che i fruitori e immediatamente dopo intervenire sulla vegetazione spontanea riqualificando il tutto con interventi strutturali tali da rendere evidente le eventuali trasgressioni anche a chi le compie.

In genere uno spazio ordinato e tenuto pulito funziona da deterrente nei confronti anche degli sporcaccioni. Infatti il loro gesto sconsiderato non avrebbe nessun tipo di alibi come invece accade oggi in presenza di tanti rifiuti stratificati.

 

Valter Ballarini

Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.

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La Parigi Brest Parigi è la ultra maratona ciclistica che si disputa ogni 4 anni in Francia a partire dal 1931. Dalla prima edizione c’è stato sempre un incremento notevole di partecipanti fino ad arrivare ai 7000 dell’ultima edizione del 2019. Si tratta di percorrere 1200 km partendo da una località nei pressi di Parigi fino a Brest, nella punta estrema della Bretagna, per poi farvi ritorno ripercorrendo più o meno la stessa strada a ritroso.

Il dislivello complessivo è di poco superiore ai 10.000 metri, ma si tratta di un percorso vallonato che alterna salite e discese senza soluzione di continuità. Le località attraversate non sono quelle più note della Francia: si tratta di piccoli borghi agricoli e di città di piccole dimensioni.

Se il territorio attraversato non presenta particolari attrattive, il calore umano che accompagna questa manifestazione è veramente eccezionale. Dalla partenza all’arrivo, di giorno e di notte, lungo la strada, c’è sempre una costante presenza di pubblico che applaude e incita i partecipanti.

Sicuramente è questa presenza eccezionale di pubblico e il calore e la passione che emana che attrae le migliaia di randonneurs provenienti da tutto il mondo.

La PBP (questo è l’acronimo) è una randonnée, anzi l’olimpiade delle randonnée, e in quanto tale, sulla carta, non è competitiva. In realtà si tratta di una delle manifestazioni sportive più estreme al mondo (tenendo conto dell’alto numero dei partecipanti). Pur non essendoci una classifica di merito ufficiale, solo riuscire a completarla entro il tempo massimo di 90 ore è un’impresa “eroica” che non tutti sono in grado di compiere.

Infatti la sfida, prima di tutto con sé stessi e con i propri limiti, è basata sulla capacità di pedalare costantemente, tenendo una media superiore ai 20 km/h, rinunciando al sonno e al recupero fisico (solo microsonni di pochi minuti e mai in un vero letto) e adattandosi ad affrontare tutte le difficoltà che si incontrano: dalle mutevoli condizioni atmosferiche, alla pioggia, al vento, all’escursione termica (dai 30° di giorno ai 3° di notte), fino alla difficoltà di trovare un riparo, se sopraggiungono gli inevitabili “colpi di sonno”, o dei servizi igienici praticabili.

I ristori predisposti dagli organizzatori ci sono. Sono a pagamento ma a prezzi bassi e con una discreta qualità, ma lungo il percorso è la popolazione che in modo spontaneo organizza dei punti di ristoro gratuiti, molto spesso gestiti da adolescenti eccitatissimi che sul bordo della strada ti chiedono “il cinque” come fossi un gran campione alla fine della tua gara vittoriosa.

E’ questo calore e questa partecipazione che ti spinge a tentare di portare a termine la sfida, perchè dopo aver pedalato per ore di giorno e di notte sulle belle strade asfaltate della Bretagna, avvicinandoti al giro di boa di Brest, cominciano a farsi sentire la stanchezza, i dolori muscolari e i disagi dovuti alla postura (dopo 20 ore in sella, qualsiasi sottosella si ribella).

Il bisogno di dormire è evidente e segnalato dai numerosi corpi di ciclisti, apparentemente senza vita, sparsi lungo i bordi della strada, con le bici riverse sull’asfalto a segnalare la loro presenza. Una sorta di scenario da “day after” che, in quanto sopravvissuto, ti spinge a pedalare senza fermarti, fino allo sfinimento (inevitabile, ma da evitare).

E’ questa la chiave per affrontare la PBP: saper stare tante ore in sella di seguito, pedalare mantenendo una velocità media superiore ai 20 km/h e un ritmo il più possibile costante (nonostante i continui saliscendi spezzagambe), saper rinunciare al sonno sostituendolo con microsonni, trovare soluzioni logistiche improvvisate per le funzioni vitali minime, avere un abbigliamento tecnico adeguato, alimentarsi con costanza, perdere meno tempo possibile ai controlli, e, soprattutto, viaggiare da soli perchè ciascuno ha i suoi ritmi e la gestione dei limiti personali non può essere condivisa che in piccola parte con altri compagni di avventura.

In realtà alla PBP non si viaggia mai da soli. C’è sempre un gruppo occasionale a cui accodarsi per brevi o lunghi tratti del percorso. Questo è il bello della PBP perchè è l’evento dove le solitudini di ciascuno sono le solitudini di tutti, perchè sono condivise, ma non necessariamente nello stesso spazio e nello stesso tempo. Ciascuno procede concentrato su sé stesso in un flusso ininterrotto che si scompone e ricompone secondo regole che spesso appaiono incomprensibili.

Di notte, le luci rosse dei randonneur, disegnano il percorso da seguire. Dopo poco che pedali nell’oscurità, impari a leggere le discontinuità altimetriche semplicemente osservando queste luci che, in pianura e in discesa, disegnano una linea rossa continua e, nelle salite, si trasformano in piccoli grappoli che, poi, tornano ad essere una linea.

Un’altra caratteristica della PBP è l’odore dei randonneurs (ma è più corretto chiamarla puzza, con il suo vero nome) che si percepisce dopo 4 giorni e 4 notti passati sudando negli stessi indumenti, senza mai lavarsi per non perdere tempo. Infatti devi scegliere se dormire o lavarti. Quasi sempre scegli di dormire. Se scegli di lavarti è perchè pedali ad una velocità superiore alla media e ti puoi conquistare questo piccolo privilegio (la doccia) senza rubarlo ai microsonni.

In realtà, la quasi totalità dei randonneurs punta a finire il prima possibile l’avventura della PBP e rimanda a dopo l’arrivo il recupero fisico e mentale oltre al decoro personale.

La PBP non è una passeggiata. E’ un’impresa interiore che lascia il segno. Hai poche cose da raccontare a chi non ha condiviso con te questa avventura. Non sono i paesaggi monotoni e ripetitivi che puoi descrivere perchè li hai appena osservati e percepiti, dovendo superare la sensazione di noia che può generare un percorso non circolare ma lineare, di andata e ritorno. Al massimo potrai cercare di raccontare il contesto umano che caratterizza questo evento, la passione dei francesi per il ciclismo eroico, l’emozione provata e trasmessa dai tanti abitanti di località rurali dimenticate che ogni 4 anni vengono a contatto per giorni con una moltitudine di ciclisti che parlano tutte le lingue del mondo, spesso incomprensibili.

La mia esperienza personale alla prima partecipazione alla PBP (del 2019), nonostante tutto, è stata estremamente positiva. Non l’ho conclusa, mi sono fermato dopo 450 km. L’ho fatto per scelta consapevole avendo sbagliato l’approccio. Sono partito dall’Italia con un camper insieme a 3 amici randonneurs iscritti alla PBP e un amico disponibile a supportarci alla guida e alla gestione del camper. Quello che a nostro avviso doveva essere un vantaggio, si è rivelato uno svantaggio. Avere il camper di riferimento che ci aspettava nei pressi di alcuni controlli (più o meno ogni 200 km) ci ha costretto a procedere in gruppo, scontando le soste e i piccoli inconvenienti di ciascuno. Una volta raggiunto il camper, il tempo dedicato al sonno è stato limitato perchè eroso dai tempi necessari per la gestione del bagno, della logistica, dei ristori e dai tempi di attesa dei compagni prima della ripartenza. Sostanzialmente abbiamo percorso i 450 km in 21 ore (sicuramente nella media) ma perdendo più di 10 ore nelle soste, potendo, di fatto, usufruire di sole due ore di sonno.

Arrivati al controllo di Loudéac, a 150 km da Brest, avevamo solo l’alternativa tra liberare il camper e proseguire autonomamente e individualmente senza il suo supporto, tentando di recuperare il tempo perduto nella modalità adottata dagli altri randonneurs, oppure finirla li e traformare l’esperienza in una vacanza in Francia.

Fortunatamente per tutti noi è prevalsa la seconda ipotesi e, così, dopo aver registrato formalmente il nostro ritiro, siamo andati in Normandia a Mont Saint Michel a ossevare, da cicloturisti, il fenomeno delle maree (di giorno e di notte), a mangiare ostriche sul molo a Cancale, per poi riattraversare la Francia fino a Brianchon e scalare il Col du Galibier e il Colle delle Finestre, due salite monumento del Tour de France e del Giro d’Italia che, da sole, meritano un viaggio.

Personalmente non so se parteciperò alla prossima edizione della PBP. Mancano 4 anni e avrò il tempo di metabolizzare l’esperienza fatta. Al momento penso di no perchè, avendo partecipato lo scorso anno alla Alpi 4000, una delle ultramaratone dell’Italia del Grand Tour, una prova sicuramente più impegnativa della PBP per distanza (1500 km) e per dislivello (21.000 m.) ma con più ore a disposizione per completarla, le differenze di impostazione tra i due eventi sono evidenti e, a mio parere, sono fortemente sbilanciate verso la prova italiana che coniuga intelligentemente l’evento sportivo con l’approccio cicloturistico, alla ricerca e alla scoperta della bellezza e della varietà dei paesaggi attraversati come premio per la inevitabile fatica e per i disagi da sopportare.

Vedi anche: “Come ci si qualifica alla PBP”

Valter Ballarini

Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.

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Molti ciclisti si trovano in difficoltà ad inserire tracce gpx nel proprio dispositivo Bryton, operazione necessaria per poter poi navigare il percorso.

Non tutti i dispositivi Bryton hanno la funzione di navigazione. Certamente ce l’hanno i due dispositivi cartografici (Aero 60 e Rider 450) ma anche il 530, il 420 e il 330 che non dispongono di base cartografica ma forniscono le indicazioni di base per la navigazione (ad esempio: gira a destra tra 150 m. ecc.).

Questo che ti suggerisco è il metodo più semplice e più affidabile. 

Hai però bisogno di un PC e un cavo usb (in genere fornito insieme al dispositivo, ma facilmente reperibile).

Per prima cosa devi collegare il dispositivo al tuo PC con il cavo usb.

Fatto questo sul desk del PC (o MAC) apparirà l’icona del Bryton come disco rigido. 

Cliccaci sopra e si apriranno diverse cartelle. 

Apri la cartella ExtraFiles. 

Trascinaci dentro il file gpx che hai scaricato da Openrunner o altro sito tipo Strava o acquisito in altro modo (ad esempio un file gpx generato da altro utente).

Appena inserita la traccia nella cartella ExtraFiles il dispositivo trasformerà il file gpx in una traccia utilizzabile. 

Fatto questo devi scollegare il dispositivo dal computer.

Ora puoi attivare il dispositivo (scollegato) e andare sul Menù. Scorri su “Segui percorso” e poi su “Vista” dove troverai la traccia con il nome del file gpx che hai caricato.

IMPORTANTE: Prima di caricarlo sul dispositivo modifica il nome del file gpx in modo da poterlo rintracciare sul tuo dispositivo più facilmente.

NOTA: I files gpx generati dai vari programmi come Openrunner, Bikemap o Strava, non hanno tutte le informazioni contenute nei files generati dal dispositivo per cui potrebbero risultare instabili. Quindi sarebbe meglio utilizzare tracce gpx generate da un dispositivo on the road, ma non sempre questo è possibile.

Se hai un Garmin vai a questo link

Valter Ballarini

Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.

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Vi siete mai chiesti chi è che ha inventato la catena della bicicletta ?

L’umanità è sempre stata piena di catene…. ma questo tipo di catena (che si può flettere su un solo asse) è stata inventata (guarda un po’) da Leonardo Da Vinci, che ha disegnato le prime bozze tra il 1478 e il 1518, e che sono raccolte nel Codice Atlantico. Ma non è stato lui ad applicarla alla bicicletta. Ci ha pensato nel 1832 tale Meduel Gall che l’ha anche brevettata. Continua a leggere

Valter Ballarini

Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.

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Nei mesi scorsi, attraverso il blog, abbiamo ricevuto una richiesta di informazioni da parte di Jocelyne relativamente al percorso in bici per raggiungere il Castello di Postignano partendo da Assisi.

Abbiamo fornito queste informazioni e ne è seguito un simpatico scambio di email. Incuriositi dal loro modo di viaggiare, abbiamo chiesto a Jocelyne di inviarci al suo ritorno un breve resoconto e delle foto della loro esperienza di viaggio in Italia.

Quello che segue, nella versione in italiano e in quella in inglese, è il testo di Jocelyne che vi invitiamo a leggere per conoscere il punto di vista di una cicloturista straniera che ha programmato e realizzato una vacanza in bicicletta in Italia con il suo compagno.

“Mi chiamo Jocelyne Laplante. Io e il mio compagno siamo una coppia canadese di cinquant’anni di Montréal, Québec.

Siamo designer, interessati all’arte visiva e alla cultura (link al sito).

Siamo in buona forma, abbiamo buone bici ma non siamo «ciclisti ad alte prestazioni». Ci piace l’idea di andare liberamente, lentamente e silenziosamente sulle strade di campagna, sentendo la forma della terra cambiare, attraversare un piccolo villaggio e fermarci per fare un disegno e gustare un gelato.

Il Castello di Postignano, in Umbria, è stata la destinazione finale della nostra vacanza di 1 mese in Italia, a partire da Venezia.

Abbiamo volato con la compagnia aerea Air Transat che accetta biciclette a un prezzo ragionevole e offre voli diretti da Montreal a Venezia e il ritorno da una città diversa, senza costi aggiuntivi (nel nostro caso Roma).

Quindi ci portiamo le nostre biciclette, le imballiamo in scatole di cartone per l’andata e per il ritorno, e poi in sacchetti di plastica forniti dalla compagnia aerea e inclusi nel prezzo del biglietto. Viaggiamo leggeri, con solo due borse posteriori per ciascuno, di dimensioni medie.

Non essere appesantiti dal bagaglio rende il percorso in bicicletta più facile e più divertente. Oltre al ciclismo, ci interessa visitare musei, disegnare e apprezzare la cucina, quindi il viaggio lo abbiamo pensato prevedendo alcuni giorni consecutivi di ciclismo e tre tappe principali con sosta e soggiorno di 4/6 giorni in città d’arte.

Quindi, prima tappa, Venezia. Visto che le biciclette a Venezia non sono ammesse (e non sono affatto utili), ci fermiamo a Mestre. All’inizio del nostro viaggio solo una breve tappa in bici il primo giorno dall’aeroporto a Mestre. Il soggiorno a Venezia è stato caratterizzato principalmente dalla visita della Biennale d’Arte e per disegnare.

Poi è iniziata la vera avventura: pedalare lungo la costa adriatica attraverso la Laguna di Venezia: Lido, Pellestrina, Chioggia, Comacchio, Ravenna. Dopodiché, cambio di direzione, ad ovest, in Toscana, verso la nostra prossima «grande» destinazione; Firenze con 4 giorni di stop, via Faenza e Brisighella.

Da Brisighella abbiamo evitato la maggior parte della salita della parte montuosa prendendo il treno fino a Borgo San Lorenzo. Dopo una breve salita, finalmente una lunga e bella discesa fino a Firenze, passando da Fiesole.

Direzione successiva, a sud, in Umbria. Prendiamo il treno da Firenze ad Arezzo e da lì in bici fino al Lago Trasimeno, poi Perugia e Assisi. La nostra ultima tappa/giornata in bici è stata da Assisi a Postignano per un rilassante soggiorno di 5 giorni in un hotel in questo pittoresco «Borgo» medievale abbandonato alla fine degli anni sessanta e mezzo rovinato dal terremoto ma ora completamente restaurato da architetti rispettosi.

Le previsioni di temperatura per quel giorno erano molto calde, quindi abbiamo lasciato Assisi la mattina presto seguendo il tracciato suggerito da Valter, partendo da Spello passando per Foligno, Colle di San Lorenzo, Rasiglia e Sellano. La strada era fantastica, salendo dolcemente e lentamente attraverso la montagna con un’ultima discesa da Sellano a Postignano. Grazie Valter !”

“We are a Canadian couple from Montréal, Québec,  in their fifities, graphic designers interested in visual art and culture.

We are in good shape, have good bikes but not at all «high performance cyclist». We like the idea of going freely, slowly and silently on country road feeling the landform changes, crossing small village and stop for a drawing and a gelato. We flew with Air transat airline who accept bicycles for a reasonable price and offer direct flight from Montreal to Venise and a return from a different city with no additional fees (in our case Rome). So we bring our bicycles, packed them in cardboard boxes for the first part and for the return, in plastic bags provided by the airline and included in handling price. We travel light, with only two medium size rear saddle bags for each. 

Being not overload makes the cycling part easier and more fun. Beside cycling, visit museum, drawing and cooking are our main interest, so the trip is organized, say balanced between few consecutive days of cycling and three major stops /city stays of 4 to 6 days. 

So, first stop, Venezia, since bicycles are not allowed (and not useful at all) in Venezia we stay in Mestre. For this part, no cycling, only a short ride first day from airport to Mestre. The stay in Venezia was mainly for visiting the Biennale and drawing.

Then the real adventure begin: cycling along the Adriatic coast via the Venezia Laguna: Lido, Pellestrina, Chioggia, Comacchio, Ravenna. After that, change of direction and decor, going west, in Tuscany, to our next «big» destination; Firenze with 4 days stop, via Faenza and Brisighella. From Brisighella we skip most of the climbing of the mountainous part by taking the train from Brisighella to Borgo San Lorenzo, from there it still climb a little for finally going down in a long and nice way to Firenze via Fiesole. 

Next direction, south, in Umbria. We take the train from Florence to Arezzo and from there cycle to Lago di Trasimeno, then Perugia and Assisi. Our last step/ cycling day was Assisi to Postignano for a relaxing 5 days stay in a hotel in this picturesque medieval «Borgo» abandoned in the late sixties and half ruined by earthquake but now completely restored by respectful architects. The temperature forecast for that day was very hot, so we quit Assisi early in the morning following the track suggested by Valter, starting from Spello via Foligno, Colle di San Lorenzo, Rasiglia and Sellano. The road was great, gently and slowly climbing trough the mountain with a final descent via Sellano to Postignano.

Thank’s Valter !”

Grazie Jocelyne !!!

Valter Ballarini

Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.

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Sabato 29 giugno 2019 a Scarperia, presso l’Autodromo del Mugello, il tempio della velocità e dei motori, si è svolto il Raduno della Nazionale Italiana Randonneurs.

Un appuntamento che si rinnova ogni anno in una località selezionata allo scopo, tra le tante dove si svolge una della 200 randonnée che si disputano in Italia.

Quest’anno a Scarperia è stato inaugurato il quadriennio 2019 – 2022. Un avvenimento importante perché coincide con l’anno in cui si disputa la Parigi Brest Parigi, l’olimpiade delle randonnée, che, per l’appunto, si svolge ogni 4 anni.

Ma cosa significa far parte della Nazionale Italiana Randonneurs ? Continua a leggere

Valter Ballarini

Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.

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Sono disponibili dei nuovi ciclocomputer satellitari prodotti da Garmin e da Bryton che cercano di conquistarsi il mercato con nuove funzionalità di navigazione.

Per prima cosa bisogna dire che il costo di un dispositivo gps specifico per il ciclismo è comunque eccessivo rispetto alle sue funzionalità, molte delle quali si trovano, gratis, in tutti gli attuali smartphone, grazie a numerosissime app che è possibile scaricare. Continua a leggere

Valter Ballarini

Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.

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Questo è sicuramente uno dei tour in mountainbike più belli (e facili) dell’Umbria e dell’Italia centrale. Il tratto più interessante e affascinante (quello con i viadotti e le gallerie elicoidali) dell’ex Ferrovia Spoleto Norcia e quello più agevole e panoramico della Greenway del Nera.

Il tour in bici inizia a Spoleto e si conclude a Terni nelle due stazioni ferroviarie. Si, perchè per poterlo effettuare nel modo più semplice e meno impegnativo è possibile utilizzare il collegamento ferroviario da Terni a Spoleto sulla tratta Ancona – Roma, che è servito da treni regionali che consentono il trasporto delle biciclette.

In questo modo è possibile programmare in totale autonomia il tour, senza bisogno di guide e servizi di trasporto dedicati. Infatti sia la ex Ferrovia che la Greenway sono ben segnalate e i treni hanno una frequenza di circa un’ora con una durata del viaggio di 25′.

Potete verificare gli orari aprendo questo link: ORARIO TRENI

Il Tour proposto è di 56 km (vedi PERCORSO) e circa 650 m di dislivello. E’ consigliata una MTB ma è anche possibile farlo con una gravel o una trekking bike. Ovviamente una eBike è comunque sempre consigliabile per chi non se la sente di affrontare la salita che da Spoleto porta al primo lungo viadotto, nonostante una pendenza del 4%, non proibitiva. E’ invece assolutamente indispensabile avere una dotazione di luci (possibilmente potenti) per le gallerie, una delle quali, la Caprareccia, misura circa 2 km. Si tratta di una galleria rettilinea con un buon fondo ma è scavata nella roccia ed è abbastanza stretta. Percorrerla è una avventura… Le altre gallerie sono più corte ma alcune sono elicoidali, per cui non si vede la fine, e senza luci è sconsigliato avventurarcisi.

La Ferrovia Spoleto Norcia era una delle linee ferroviarie di montagna italiane più interessanti. Realizzata a cavallo della prima guerra mondiale, serviva a collegare Spoleto a Norcia, superando la dorsale montuosa che separa la Valle Umbra spoletina dalla Valnerina, correndo poi lungo il fiume Nera e il fiume Corno fino alla piana di Santa Scolastica, attraversando scenari di rara bellezza.

Una ferrovia che si arrampica sulla montagna con opere di ingegneria, ardite per quei tempi, come viadotti e gallerie elicoidali necessari per conquistare alte quote mantenendo una pendenza adeguata ai treni dell’epoca.

Purtroppo nel 1968, dopo pochi anni di esercizio e in totale mancanza di visione da parte dei gestori e del governo, la ferrovia venne dismessa e, subito dopo, venne disarmata e resa inutilizzabile.

Dopo alcuni anni di oblio, il sedime della ex ferrovia è stato ripreso in considerazione per avviare un progetto che prevede la realizzazione di una ciclovia.

Una bella idea che stenta però a realizzarsi se non parzialmente. Infatti il tracciato praticabile oggi è solo quello che da Spoleto porta fino a Piedipaterno e il tratto da Serravalle a Norcia. Il tratto intermedio non è infatti percorribile perchè gran parte dei ponti sul fiume Corno sono stati distrutti per allargare la strada che porta a Norcia, e il tratto della Valnerina, da Piedipaterno a Balza tagliata deve essere messo in sicurezza per il pericolo di caduta massi.

Resta il fatto, comunque, che il tratto più bello e suggestivo è proprio quello da Spoleto a Sant’Anatolia di Narco e, oggi, è in sicurezza e percorribile.

La Spoleto Norcia ha cominciato ad essere conosciuta dal grande pubblico grazie alla passione che una associazione di Spoleto ha messo in campo nell’organizzare un evento che negli anni sta raccogliendo sempre più consensi, riconoscimenti e attenzioni, specialmente da parte dei fruitori: LA SPOLETO NORCIA IN MOUNTAIN BIKE che si svolge ogni anno nel primo weekend di settembre.

Arrivati alla vecchia stazione di  Sant’Anatolia di Narco (ora c’è un servizio ristorazione AL BINARIO GIUSTO di buon livello) si prosegue in direzione Norcia fino a Castelsanfelice per poi deviare a destra in direzione dell’Abbazia benedettina dei Santi Felice e Mauro (un vero gioiello di architettura) e poi proseguire sulla strada sterrata che riporta a Sant’Anatolia.

Qui ci si immette nella GREENWAY DEL NERA percorrendo il tratto più agevole della ciclovia che porta fino alla Cascata delle Marmore passando per Scheggino, Ceselli, Ferentillo, Arrone, Casteldilago.

Dopo la Cascata delle Marmore che vi consigliamo di ammirare passando (a piedi con bici a spinta) all’interno del belvedere inferiore, il cui ingresso (sulla sinistra della galleria) è gratuito per i ciclisti, si prosegue in discesa fino a alla stazione di Terni.

Per chi volesse chiudere l’anello senza prendere il treno, dalla cascata delle Marmore c’è un percorso molto bello che sale sul crinale da Collestatte a Varcone (Montefranco) per poi scendere nella valle della Somma e affrontare la bella salita che porta al valico omonimo percorrendo la vecchia strada che passa per Strettura (famoso il pane di Strettura). Poi si scende in discesa fino a Spoleto. Questo il PERCORSO (SOLO BICI) la cui traccia gpx può essere scaricata.

Valter Ballarini

Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.

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