In questo caldo autunno del 2023 abbiamo esplorato un territorio che non conoscevamo e che, in modo inaspettato, ci ha affascinato per i paesaggi e per l’atmosfera fuori dal tempo che si respira in questi borghi silenziosi sparsi sulle colline dell’entroterra Adriatico marchigiano.
Arcevia è il borgo più importante. Il suo comune si estende a dismisura a comprendere molti piccoli borghi anch’essi arroccati, a testimonianza di un territorio conteso nei secoli per la sua bellezza e per la fertilità della terra.
Le strade sono tutte ben tenute, senza traffico, con i bordi erbosi curati e privi di sporcizia. Dovrebbe essere la norma, ma siamo abituati a ben altro percorrendo le strade di questo nostro paese.
Abbiamo trovato un B&B alle falde della collina di Arcevia e il primo giorno siamo andati ad esplorare tre dei nove castelli: Avacelli (borgo con tracce di antiche presenze Templari), Castiglioni (ben conservato e vivace, dove è presente un forno pubblico a memoria della cultura della comunità), Montale (nonostante la mole del castello, il borgo si presenta un po’ desolato rispetto agli altri). A questi Castelli abbiamo anche abbinato la visita di un altro borgo, Serra dei Conti, che si incontra, prima di Montale, percorrendo l’anello in senso antiorario. E’ confinante con il comune di Arcevia e presenta una ben conservata cinta muraria e una imponente porta di ingresso.
Il secondo giorno è stata la volta di Arcevia e di altri cinque Castelli. Risalendo la strada che porta ad Arcevia, scopriamo una vista che spazia tra l’appennini umbro marchigiano al mare di Senigallia. Il centro storico è ben conservato e nella piazza principale, lungo il corso, c’è un’ottima pasticceria.
Il primo Castello che si incontra, dopo alcuni bellissimi saliscendi, è quello di Caudino. Piccolo borgo il cui accesso è impreziosito da una bellissima porta di ingresso. Segue poi Palazzo, anch’esso arroccato e con le strette strade ripavimentate con perizia ed eleganza, e poi si continua a salire per raggiungere il crinale che si affaccia sulle due valli di particolare bellezza. E’ forse il tratto più bello da percorrere.
Sia arriva poi al Castello di San Pietro in Musio. Piccolo borgo fortificato con una magnifica vista sulla campagna circostante dove c’è un piccolo ristorante gestito dai proprietari del Piccolo Ranch (poco più a valle, in direzione Palazzo) dove si mangia benissimo.
Gli altri Castelli sono poco distanti. Nidastore e Loretello. Quest’ultimo particolarmente interessante per la rampa di accesso alla porta medievale e per la struttura del borgo. La vista è anch’essa bellissima.
L’ultimo Castello, Piticchio, non lo abbiamo potuto raggiungere per via di un ponte crollato. La deviazione su strada di campagna pianeggiante, per la sua bellezza ci ha ripagato la delusione. Il resto del percorso per tornare ad Arcevia, ripassando per Palazzo, non è meno bello degli altri.
Per visionare le foto e per vedere le tracce dei due percorsi li trovate a questo link che vi rimanda alla mia raccolta con i due itinerari: TRACCE E ROAD BOOK PERCORSI SU KOMOOT
Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.
https://i0.wp.com/mybikeway.it/wp-content/uploads/2023/11/IMG20231022115112-scaled.jpg?fit=2560%2C1440&ssl=114402560Valter Ballarinihttp://mybikeway.it/wp-content/uploads/2018/02/my-bike-way.pngValter Ballarini2023-11-04 13:50:422023-11-04 16:07:02Un weekend ad Arcevia e i suoi Castelli (nelle Marche)
Quello del gravel è un fenomeno recente, nato negli USA, che si sta diffondendo rapidamente in tutti i continenti. Come già accaduto per la Mountain bike, un’idea apparentemente strampalata, è diventata una moda contagiosa.
La bicicletta “Gravel” ha il telaio e il manubrio che la fanno assomigliare alla bici da corsa, ma ha ruote “grasse” simili alla Mountain Bike. Se poi la osserviamo con maggiore attenzione ci accorgiamo che le somiglianze sono solo apparenti perché la bici Gravel è una bicicletta nuova, del tutto diversa dalle precedenti, con caratteristiche distintive proprie che corrispondono a un nuovo modo di interpretare la bicicletta in riferimento a nuova filosofia di vita.
Chi ama la velocità e ha poco tempo a disposizione per praticare il Ciclismo come sport, si compra una bici da corsa. Chi ama percorsi accidentati, immersi nella natura, acquista una Mountain bike. Chi ha tempo e voglia di pedalare senza fretta, alla scoperta di territori sconosciuti, senza doversi preoccupare del tipo di terreno che incontrerà lungo il percorso, sceglierà una bicicletta Gravel.
Sull’argomento bici Gravel, negli ultimi anni è stato scritto e detto molto per cui non credo che sia utile in questo articolo parlare delle caratteristiche tecniche di questa nuova bicicletta ma, ciò che più mi interessa, è cercare di capire cosa sia l’esperienza Gravel.
Questo anche perché, in base alle varie offerte dei costruttori e alle scelte dei vari componenti della bici (copertoni più o meno tassellati, tubeless, ruote), questa può assumere caratteristiche completamente diverse avvicinandosi troppo o alla Mountain bike e alla bici da corsa. Non prendiamo in considerazione questi estremi e concentriamoci su cosa si possa fare con la bici allestita per viaggiare e non per partecipare a competizioni o cimentarsi su percorsi particolarmente sconnessi e impervi.
La bici Gravel deve scorrere su asfalto e avere grip sullo sterrato. Questo è ciò che serve per viaggiare senza limiti. Non si tratta quindi di una semplice scelta tecnica ma di una modalità di affrontare un percorso avendo l’obiettivo del viaggio e della scoperta del territorio.
Non avere vincoli di tipo tecnico per la scelta del percorso, ti permette di concentrarti sull’esperienza del viaggio.
Il viaggio non può essere condizionato dal tipo di fondo da percorrere ma dalle cose che vuoi vedere e i luoghi che vuoi raggiungere, possibilmente lontano dal traffico e dai pericoli, in uno stato mentale il più possibile libero da preoccupazioni e da stress.
La scelta del percorso non è quindi determinata dal fondo stradale che può essere indifferentemente asfaltato, sterrato, ghiaioso, liscio o con presenza di buche.
Chi usa la bici gravel, nonostante questa sia dotata di rapporti agili che consentono di superare qualsiasi asperità, non ha problemi, nel caso, a scendere dalla bici e a spingerla per brevi tratti, in situazioni difficili.
Su asfalto si viaggia che è un piacere perché i copertoni grandi e più larghi smorzano le vibrazioni del fondo che, ormai, sulle nostre strade secondarie è quasi sempre sconnesso, e, quindi, quando si passa da un tratto sterrato, dove ci si diverte guidando, ad un tratto asfaltato, non si perde il piacere della guida, anzi, poiché le strade scelte sono prive di traffico, si continua il viaggio, rilassati, senza badare al fondo della strada.
Detto questo, ritengo che quando si programma un viaggio o semplicemente un giro in bici con la gravel, non è necessario andare a cercare a tutti i costi la ghiaia, ma ci si deve (e ci si può) concentrare sulla bellezza del percorso, sul paesaggio, sui borghi da visitare, sui punti di interesse da raggiungere.
In fondo, cosa importa se la strada è bianca o grigia se è il mondo esterno e il nostro mondo interiore che ci appare coloratissimo nei nostri viaggi ?
Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.
https://i0.wp.com/mybikeway.it/wp-content/uploads/2023/10/UNADJUSTEDNONRAW_thumb_68.jpg?fit=1182%2C665&ssl=16651182Valter Ballarinihttp://mybikeway.it/wp-content/uploads/2018/02/my-bike-way.pngValter Ballarini2023-10-30 21:46:582023-10-30 21:47:00"Gravel" non è solo la traduzione inglese di "ghiaia" ma, sempre di più, un'esperienza di viaggio in bicicletta, senza limiti.
Guardando in tv la classica del Nord “Amstel Gold Race” sono rimasto impressionato dalle bellissime stradine secondarie destinate ad una mobilità dolce, dove automobilisti e ciclisti si rispettano condividendo lo stesso spazio.
Ho scattato queste foto inquadrando la tv, perché sono la prova di un approccio molto pragmatico, volto a risolvere i problemi in modo semplice, creando opportunità.
In Olanda, per consentire la mobilità dolce su strade secondarie, hanno stabilito una regola condominiale: la strada è di tutti, senza distinzione. Alle auto è riservata la carreggiata centrale e ai ciclisti quelle laterali. Ma questo non in modo esclusivo. Le auto viaggiano al centro della strada in presenza di ciclisti, ma possono transitare occasionalmente anche sulla corsia di destra, in assenza di ciclisti, quando sopraggiunge un altro veicolo nella direzione opposta. Ovviamente, tutti devono procedere più lentamente, facendo attenzione. Le linee bianche sono infatti tratteggiate e lasciano liberi i vari utenti di valicarle ma nel rispetto reciproco e in base alle condizioni oggettive del traffico.
E’ possibile che in Italia tutto questo non solo non sia possibile, ma impensabile ?
Perché la soluzione è realizzare nuove infrastrutture e non riqualificare quelle esistenti ?
Costa di più ? No, costa meno.
Ci vuole più tempo ? No, ne basta molto meno. Non si devono fare espropri, trovare risorse ingenti, perdersi in procedure macchinose e dall’esito incerto.
Basta guardarsi intorno, anzi, basta solo guardare una corsa in tv per capire che si può fare.
Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.
https://i0.wp.com/mybikeway.it/wp-content/uploads/2021/04/IMG_20210419_231357-scaled.jpg?fit=2560%2C1447&ssl=114472560Valter Ballarinihttp://mybikeway.it/wp-content/uploads/2018/02/my-bike-way.pngValter Ballarini2021-04-20 00:10:142021-04-20 00:10:17Come mai in Olanda è possibile ma in Italia impensabile ?
Spesso si ha bisogno del pensiero laterale per affrontare e risolvere problemi che sembrerebbero senza soluzione.
I temi della sicurezza e della ciclabilità vengono affrontati un po’ da tutti, governo, parlamento, enti locali, comprese le organizzazioni che rappresentano i ciclisti, con la logica delle infrastrutture che ha caratterizzato il XX secolo.
Se le strade a traffico promiscuo sono insicure per i ciclisti, la soluzione apparentemente ovvia è quella di costruire le piste ciclabili (leggi anche “Le ciclabili sono la soluzione per gli automobilisti”), nuove infrastrutture destinate esclusivamente a loro (ma spesso anche ai pedoni) così da confinarli entro binari “sicuri”, togliendoli dalle strade, ed evitando così che siano di intralcio per gli altri veicoli a motore.
Se questa può essere una soluzione in ambito urbano (ma poi vedremo perché non lo è in assoluto), in ambito extraurbano è puramente teorica e difficilmente praticabile, oltre che penalizzante per i ciclisti.
Realizzare una pista ciclabile è come realizzare una nuova strada. Ha dei costi di costruzione rilevanti e necessita di procedure burocratiche (espropri e autorizzazioni) dagli esiti incerti, oltre a tempi lunghi di realizzazione.
Questo vale sia in ambito urbano che extraurbano.
L’esperienza sul campo dimostra che le ciclabili urbane, quelle ben progettate, che seguono criteri logici, non episodiche, che formano una rete percorribile in continuità, sono molto utili e frequentatissime. Ma poche città in Italia posso vantare la presenza di una rete ciclabile con queste caratteristiche. Quasi sempre troviamo solo alcuni tratti di ciclabili ben realizzate che collegano il nulla con il nulla e, chiaramente, non vengono utilizzate dai ciclisti
Quelle extraurbane, quando ben realizzate e interconnesse con punti di scambio intermodale, che attraversano i borghi e i piccoli centri urbani, immerse nella natura e provviste di servizi, sono anch’esse frequentate da numerosi ciclisti. Ma queste ciclabili si contano sulla punta delle dita perché non sono contemplate nell’immaginario dei progettisti e degli amministratori.
Così, quelle realizzate con lo stesso criterio delle autostrade, con un unico punto di accesso e di uscita, separate dal contesto, sono meno frequentate dai ciclisti e, dopo pochi anni dalla loro realizzazione, diventano impraticabili per assenza di manutenzione. Solo i tratti prossimi ai centri abitati vengono frequentati, ma non dai ciclisti. Prevalentemente runner e pedoni con cane al guinzaglio.
Nonostante le poche esperienze realizzate ci insegnino molto sull’utilità e inutilità delle piste ciclabili e ci forniscano utili indicazioni su come progettarle, il pensiero dominate si rifà a questo modello astratto basato sulla separazione virtuale dei flussi di traffico per categorie.
Lo stesso progetto delle ciclovie turistiche nazionali (leggi anche “Che fine hanno fatto i progetti delle Ciclovie…”) risente di questo approccio, nonostante sia evidente la sua impraticabilità nel contesto italiano dove, tranne in pochi tratti pianeggianti, predomina il paesaggio collinare e montuoso che rende impossibile il rispetto degli standard teorici di percorribilità e sicurezza.
La soluzione viene subordinata all’approccio ingegneristico che domina nei ministeri e negli enti locali e il risultato è che i progetti sono particolarmente complessi, le risorse economiche non sono sufficienti, i tempi di realizzazione si allungano a dismisura.
Invece di cambiare rotta, si continua ad affrontare la cosa sempre allo stesso modo con risultati deludenti e scoraggianti.
Qui entra in ballo il pensiero laterale.
Ma perché non pensiamo di utilizzare ciò che già esiste ?
Perché non pensiamo di rendere ciclabili le strade minori esistenti che costituiscono una fitta rete di collegamento tra i numerosissimi borghi e frazioni disseminati nel nostro territorio ?
Si tratta di un patrimonio enorme, di rilevante valore economico, culturale, sociale e turistico, oggi difficilmente valorizzabile perché difficilmente raggiungibile.
Le stesse strade minori sono un patrimonio di grande valore (leggi anche “Strade da Vivere”). Non sono state progettate in base ai criteri della velocità, raramente attraversano montagne con lunghe gallerie, sono integrate nel paesaggio di cui fanno parte, sono utilizzate per le produzioni agricole, servono a collegare e rendere vivibili anche le frazioni più remote.
Queste strade che accarezzano il territorio sono l’eredità plurimillenaria che ci hanno lasciato i nostri antenati.
Perché non utilizzarle ? Perché non costruire, attraverso la loro valorizzazione, un modello alternativo di sviluppo economico, sociale, culturale, basato sulla conoscenza del territorio e sulle comunità e culture che lo abitano ?
E’ più facile di quanto sembri. Si tratta di adottare dei criteri semplici di riclassificazione di questo enorme e complesso patrimonio di strade utilizzando una metodologia di analisi condivisa e praticabile.
Un esempio virtuoso: il Masterplan per la Mobilità Dolce della Provincia di Siena
La Provincia di Siena è la prima provincia italiana che si è dotata recentemente di un Masterplan per la Mobilità Dolce (Leggi l’articolo) basato su una metodologia di indagine che consente la riclassificazione delle strade esistenti secondo parametri ben definiti che, oltre a fotografare l’esistente, suggerisce quali interventi manutentivi e di qualificazione debbano essere realizzati per guadagnare nel tempo un rating che le renda più appetibili, dal punto di vista della percorribilità, fruibilità e sicurezza, ai flussi cicloturistici che si intendono attrarre nei vari territori.
Questa metodologia, validata sul campo, ha richiesto alcuni anni per essere messa a punto ma ora è disponibile per essere applicata su tutto il territorio nazionale grazie al fatto di essere stata adottata dalla Provincia di Siena e da alcuni Comuni del senese che, a livello prototipale, la stanno sperimentando per attrezzare il proprio territorio con una visione unitaria e una logica condivise.
La cosa veramente interessante e innovativa di questo approccio sta nel fatto che questa rete di percorsi cicloturistici non è vista come un organismo statico, e la classificazione dei singoli segmenti che la compongono può essere aggiornata nel tempo a seguito di interventi strutturali migliorativi o condizioni degenerative (per incuria o calamità).
La tecnologia utilizzata (una App che trasferisce i dati rilevati in tempo reale) rende più facile il compito ai gestori delle strade, agli Enti Locali che promuovono i percorsi cicloturistici e ai certificatori che stabiliscono il rating delle singole tratte in base a specifici indicatori.
Sicuramente si tratta di un primo passo utile non solo alla valorizzazione di un territorio particolarmente vocato al cicloturismo, ma di un approccio metodologico innovativo per avviare una nuova fase di valorizzazione delle risorse territoriali.
Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.
Appena dopo il terremoto del 2016, si è costituita a Terni una Associazione di ciclisti per raccogliere fondi da destinare a iniziative per il rilancio della Valnerina.
L’Associazione si chiama Ciclisti Uniti per la Valnerina (CUV) e in questi anni ha organizzato molte iniziative finalizzate allo scopo e, appena raggiunta una somma sufficiente, l’ha utilizzata per realizzare il progetto delle Cronoscalate della Valnerina.
La Valnerina, una valle decisamente bella e interessante per la sua natura, per la storia e la cultura di cui conserva straordinarie tracce, è il terminale orografico di valli laterali altrettanto affascinanti, che vi confluiscono e che in pochi conoscono, poiché i flussi turistici sono prevalentemente attratti dal fondo valle.
L’Associazione Ciclisti Uniti per la Valnerina, che è composta da ciclisti che conoscono bene questi territori, con il progetto delle Cronoscalate ha inteso valorizzarli creando le occasioni per andarli ad esplorare in bicicletta.
Sostanzialmente il progetto prevede alcune salite “epiche” per bellezza e difficoltà, segnalate con dei cartelli che indicano l’inizio e la fine del tratto cronometrato, la progressione dei km, un cartello ogni 2 km a scalare (vengono indicati i km dispari mancanti), e i traguardi intermedi.
I segmenti sono presenti su STRAVA e concorrono a definire una classifica che tiene conto di tutti coloro che affrontano le salite utilizzando l’App specifica o semplicemente trasferendo la traccia generata con un dispositivo gps su STRAVA.
Le salite possono essere affrontate singolarmente, in più occasioni, o tutte di seguito scegliendo uno dei due percorsi di 132 km e 3025 m di dislivello complessivo che partono rispettivamente da Arrone (per chi viene da Terni e da Roma) e da Sant’Anatolia di Narco (per chi viene da Spoleto e da Perugia).
Le salite sono tutte impegnative ma su strade poco trafficate, percorribili tutto l’anno. Tre di queste salite prevedono anche un traguardo intermedio per cui, complessivamente si possono programmare 7 differenti salite dove poter testare il proprio stato di forma e partecipare a delle sfide virtuali con tutti coloro che vorranno cimentarsi nelle cronoscalate utilizzando l’App STRAVA che è quella più utilizzata in tutto il mondo e che offre molte funzionalità interessanti come, in questo caso, le classifiche complete su specifici segmenti.
CRONOSCALATA ARRONE – POLINO – ACQUAVIVA
Si parte nei pressi del borgo di Arrone, al bivio tra la Forca di Arrone e la strada per Polino. Il primo tratto è in leggera salita fino a superare le due frazioni di Valleludra e Vallecupa. La salita vera inizia poco prima dell’abitato di Rosciano, appena superato l’acquedotto del Nera, e prosegue costante fino al borgo di Polino, dove è sistemato il traguardo intermedio. La salita prosegue sempre costante con pendenze a due cifre per altri 6 tornanti per poi arrivare alla fontana di Acquaviva dove, poco prima, è sistemato l’Arrivo.
La salita è impegnativa per pendenza e lunghezza, e va affrontata con intelligenza senza forzare troppo nel primo tratto meno ripido perché poi, non lascia tregua.
CRONOSCALATA CESELLI – MONTE SAN VITO
Si parte nei pressi del borgo di Ceselli, prendendo a destra in direzione Monte San Vito. Dopo il ponte sul Nera si incontra una fontanella e poco dopo c’è il cartello che indica il punto di partenza della Cronoscalata. Dopo un tratto rettilineo (impegnativo) bisogna affrontare 14 tornanti prima di raggiungere il borgo di Monte San Vito.
La salita è particolarmente impegnativa con una pendenza media del 9% e punte del 16%. Benché non sia la cronoscalata più lunga, è considerata dai ciclisti locali “la bestia nera” perché è veramente impegnativa.
CRONOSCALATA SANT’ANATOLIA – CASO – GAVELLI
Si parte dal piazzale sottostante il borgo di Sant’Anatolia di Narco e, superato il ponte sul Nera si affronta la salita che nel primo tratto, fino all’attraversamento dell’abitato, non si presenta molto dura. Subito dopo inizia un tratto duro con pendenze a due cifre fino ai primi 4 tornanti, superati i quali, diventa più pedalabile e, prima del traguardo intermedio di Caso, addirittura spiana per 500 metri. Dopo il borgo di Caso riprende la salita impegnativa con due coppie di tornanti prima di un tratto pedalabile a cui fa seguito l’ultimo tratto particolarmente impegnativo.
Una cronoscalata che non ha nulla da invidiare alle salite alpine, con un paesaggio bellissimo e un dislivello considerevole. Salita dura per lunghezza e per le pendenze a due cifre nel primo e nell’ultimo tratto.
CRONOSCALATA CASTEL SAN FELICE – FORCA DI CERRO
Si parte nei pressi del borgo di Castel San Felice e si affronta subito il tratto più duro che porta al traguardo intermedio, poco prima del bivio che immette sulla strada proveniente da Piedipaterno. Si prosegue a sinistra superando l’abitato di Grotti per arrivare al valico percorrendo una salita pedalabile.
Delle quattro cronoscalate è sicuramente quella più facile da affrontare ma non è da sottovalutare il primo tratto che presenta pendenze costanti a due cifre.
Per concludere, penso che questa iniziativa sia l’occasione per conoscere un territorio bellissimo in una modalità innovativa, interpretabile sia in modo rilassato (cicloturistico) che agonistico. Le sfide in salita sono l’anima del ciclismo e in questo modo si ha la possibilità di viverle in totale libertà e senza stress. I segmenti STRAVA sono una innovazione particolarmente interessante e hanno avuto un notevole successo planetario perché danno la possibilità a milioni di ciclisti di cimentarsi in sfide virtuali distanti nel tempo su una infinità di percorsi. Le Cronoscalate della Valnerina, oltre ai segmenti cronometrati, mettono a disposizione una segnaletica di riferimento che fa la differenza.
Purtroppo da quest’anno STRAVA rende visibili i segmenti solo agli abbonati (il costo di abbonamento annuale è di circa 60€) ma, poiché l’accesso alla piattaforma è gratuito, i dati relativi alle cronoscalate di chi non è abbonato sono comunque registrati.
Personalmente avevo già sottoscritto l’abbonamento annuale in precedenza perché ritengo STRAVA una delle poche applicazioni affidabili e utili, ma capisco che chi è abituato ad avere tutto gratis sul web sia poco disposto a pagare per avere un servizio che prima era gratuito. D’altra parte il modello di business di quasi tutte le piattaforme web sta cambiando radicalmente e io preferisco pagare per un servizio utile senza pubblicità invadente, piuttosto che essere disturbato da annunci e offerte mirabolanti di cose che non mi interessano.
Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.
Un nuovo modo di vivere una avventura in bicicletta alla scoperta di un territorio magico.
Il Brevetto che ti qualifica come “Eroe di Castelluccio” lo puoi conseguire quando vuoi tu, scegliendo il giorno per te più congeniale nel corso dell’anno. L’unico limite è costituito dalle 24 ore entro le quali devi conseguirlo, ma in realtà non è un limite vero e proprio perché, per percorrere i 143 km previsti, con 3700 m di dislivello, sono mediamente sufficienti 12 ore, comprese le soste.
Le 24 ore significano che puoi scegliere di fare tutte le soste che vuoi e anche dormire la notte, ma il percorso devi comunque completarlo in quell’arco di tempo e non puoi decidere di farlo in due o tre volte oltre le 24 ore.
L’altra caratteristica che rende questo Brevetto innovativo è che puoi scegliere dove iniziarlo e concluderlo in una qualsiasi delle 4 località che vengono toccate dal percorso.
Caratteristiche del percorso
Puoi infatti scegliere di iniziarlo da Castelluccio di Norcia o, indifferentemente da Visso, da Arquata del Tronto o da Norcia.
Da ciascuna delle tre località, poste a circa 600 m, bisogna raggiungere i circa 1500 m dei tre valichi, per poi scendere nella Piana di Castelluccio a circa 1300 m.
Il paese di Castelluccio è posto a 1420 m e bisogna raggiungerlo per tre volte così le salite da affrontare arrivano ad un totale di 9.
Non ci sono controlli e timbri da apporre ma fa fede la traccia memorizzata del percorso effettuato attraverso un dispositivo gps o una delle tante applicazioni per smartphone disponibili gratuitamente sul mercato.
Le Cronoscalate cronometrate
Quella maggiormente consigliata è STRAVA poiché ha anche la funzione di cronometrare i segmenti che si trovano lungo il percorso (purtroppo da quest’anno questa funzione specifica è a pagamento) e, quindi, ti permette di confrontare i tempi impiegati nelle 9 cronoscalate da chiunque le abbia affrontate nel corso degli anni.
Una volta ottenuto il brevetto puoi comunque chiedere l’autorizzazione agli organizzatori di entrare a far parte del gruppo STRAVA denominato “Eroi di Castelluccio” che è riservato solo a coloro che hanno conseguito il brevetto e, quindi, il confronto delle prestazioni è più coerente.
Suggerimenti
Personalmente ho ottenuto il brevetto in una bellissima giornata di ottobre del 2020 partendo da Castelluccio di Norcia al mattino e completando la sfida la sera con il buio.
Il vantaggio di partire da Castelluccio è di poter passare per 3 volte dal parcheggio dove hai lasciato la tua auto e, eventualmente, aggiungere una mantellina o, togliersi una maglia di troppo nelle ore più calde. A Castelluccio, nonostante i segni evidenti del recente sisma, funzionano tutti i servizi con molti punti di ristoro e buonissimi prodotti tipici locali.
Il periodo scelto, ottobre, è consigliassimo per l’atmosfera magica che avvolge tutti i luoghi attraversati. Non c’è traffico e si viaggia nel silenzio, immersi nella natura. Si sta quasi sempre oltre i 1000 metri per cui al mattino e alla sera le temperature sono basse, ma, con l’abbigliamento giusto non è un problema.
Nei mesi invernali non è consigliabile tentare l’impresa per via della neve quasi sempre presente nei valichi e nel Pian Grande. A primavera inoltrata si può tentare di programmarla verificando prima le condizioni delle strade e le previsioni del tempo. In estate è bene evitare i weekend per via del traffico di auto, moto e camper.
Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.
Molto spesso si fanno dei lunghi giri in bici con amici e non tutti utilizzano un dispositivo gps, così come non tutti sono in grado di utilizzare il proprio dispositivo gps per seguire o per registrare la traccia del percorso.
In questo caso viene in aiuto STRAVA che consente di condividere la traccia caricata sul proprio profilo con altri amici con cui si è condiviso il giro.
In genere l’operazione di trasferimento della traccia del gps sul proprio profilo STRAVA avviene in automatico, ma conviene comunque aprire la pagina relativa alla traccia, che normalmente viene salvata con un titolo generico tipo “giro dell’ora di pranzo”, e cliccare su “aggiungi una descrizione” e dare un titolo di riferimento alla traccia che corrisponda al tour.
Fatto questo, appena sotto compare questa schermata.
Clicca su “aggiungi amici” e ti comparirà questa schermata con l’elenco degli amici. Clicca sul nome dell’amico e STRAVA invierà la tua traccia all’amico selezionato.
In alternativa, se l’amico non compare sull’elenco o non ha un profilo STRAVA, puoi copiare il link e inviarglielo via email. In questo modo il tuo amico potrà aprire la tua pagina, scaricare il file gpx e caricarlo sul suo profilo STRAVA.
Ovviamente, i dati relativi alla traccia del tuo amico, corrisponderanno ai tuoi, ma se avete fatto il giro in bici insieme…
Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.
https://i0.wp.com/mybikeway.it/wp-content/uploads/2019/01/strava-logo-png-4.png?fit=1202%2C1200&ssl=112001202Valter Ballarinihttp://mybikeway.it/wp-content/uploads/2018/02/my-bike-way.pngValter Ballarini2020-07-02 10:28:102020-10-24 16:46:17Come condividere la propria traccia gpx con amici (con Strava)
Organizzata da Equilibrio Urbano Cyclestore di Milano, lo scorso 1° maggio ho partecipato, come relatore, ad una conferenza virtuale sul tema del futuro delle randonnée e del cicloturismo.
E’ stata l’occasione per presentare alcuni progetti a cui ho lavorato negli ultimi mesi che, oltre a fornire indicazioni concrete sugli scenari futuri del cicloturismo, possono essere una risposta alle problematiche specifiche innescate dal coronavirus che limiteranno e renderanno obsolete, e non più praticabili, molte forme di turismo tradizionale, offrendo, nel contempo, altre opportunità per chi saprà coglierle.
Ho avuto modo presentare il progetto di Castelluccio degli Eroi e dell’Umbria del Grand Tour che introducono innovazioni importanti nel mondo delle randonnée e del cicloturismo, mettendo a frutto ciò che oggi le nuove tecnologie offrono ai cicloturisti, rendendoli più liberi di organizzare le loro avventure in modalità meno rigide e più interessanti.
Una parte della presentazione è dedicata anche al nuovo portale YOU BIKE WAY finalizzato alla valorizzazione dei percorsi cicloturistici italiani. Una risorsa destinata a chi vuole orientarsi nel variegato mondo dell’offerta cicloturistica, potendosi affidare ai consigli e alle proposte dei Bike Bloggers, cicloturisti esperti in grado di presentare, documentare e descrivere le loro esperienze di viaggio.
Seguono le risposte ad alcune domande fatte dai partecipanti una delle quali si riferisce al progetto delle CRONOSCALATE DELLA VALNERINA realizzato dall’Associazione Ciclisti Uniti per la Valnerina che è nata per raccogliere fondi e promuovere la rinascita del territorio interessato dal sisma del 2016.
L’evento è stato realizzato con contributi esplicativi e numerosi esempi che rendono più gradevole ed efficace la visione del video.
La diretta è stata registrata e può essere vista da chiunque cliccando sul link al canale Youtube di Equilibrio Urbano (che trovate sotto).
Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.
https://i0.wp.com/mybikeway.it/wp-content/uploads/2020/05/Copia-di-94841507_1332486983609396_1696373229922287616_o.jpg?fit=552%2C394&ssl=1394552Valter Ballarinihttp://mybikeway.it/wp-content/uploads/2018/02/my-bike-way.pngValter Ballarini2020-05-14 15:06:552020-05-14 15:11:46Il cicloturismo è il futuro ? Il futuro del cicloturismo.
In questi ultimi due mesi di marzo e aprile 2020 c’è stato un vero e proprio boom nell’uso dei rulli per gli allenamenti indoor. Questo non per volontà e libera scelta ma poichè non c’erano alternative possibili.
Molti ciclisti hanno rispolverato i vecchi rulli relegati in cantina e hanno iniziato a pedalare e a sudare fino alla noia per non perdere la condizione sperando che ‘a nuttata fosse breve…
Non lo è stata e non si intravede rapidamente un ritorno alla normalità, semmai un giorno sarà possibile ritornarci.
Chi ha avuto come me la fortuna e l’intuizione di acquistare dei rulli interattivi (smart) di nuova generazione prima che l’eccesso di domanda esaurisse le scorte in tutto il mondo, ha invece avuto modo di scoprire un nuovo mondo interessante e in rapida crescita.
I nuovi rulli interattivi sono solo lo strumento hardware, indispensabile per poter vivere questa nuova esperienza, ma la novità sta invece nello sviluppo dei software di simulazione che sono letteralmente dilagati in questo periodo, conquistando sempre di più nuovi estimatori ed utilizzatori.
Ho avuto modo e, probabilmente, avrò ancora per molto tempo modo di sperimentare questa nuova tecnologia che è sicuramente una parente alla lontana del ciclismo classico, che tutti noi conosciamo, ma che presenta molti aspetti interessanti che vale la pena analizzare prima di esprimere un giudizio liquidatorio, come ho sentito fare in questi giorni da chi non ha avuto la possibilità di sperimentarla e si appella ad antichi pregiudizi.
Premetto che andare in bicicletta nella realtà è cosa assolutamente diversa che vivere un’esperienza interattiva di realtà aumentata sui rulli, ma ciò non toglie a quest’ultima un proprio fascino e un suo perchè.
I RULLI
Possiamo suddividere i rulli in tre categorie: i rulli veri e propri (Roller) su cui posizionare direttamente la bicicletta senza nessun fissaggio, il rullo su cui fissare la ruota posteriore della bici (Wheel on) e il rullo a trasmissione diretta (Direct Drive).
I Rollers sono i più semplici e i più antichi, utilizzati dai professionisti per il riscaldamento e il defaticamento, sono quelli che forniscono la migliore sensazione della pedalata perchè la bici si comporta come su strada. Per questo, è però necessario essere sempre concentrati per rimanere in equilibrio e non fare manovre pericolose che potrebbero farti uscire dai rulli e cadere.
I Wheel on sono i più diffusi ed economici. Sono facilmente utilizzabili poichè la bici viene agganciata al supporto utilizzando il perno della ruota posteriore che è in contatto con il rullo. Sono stabili ma hanno il difetto di essere rumorosi e di consumare il copertone a contatto con il rullo. Nei modelli più recenti il rullo in acciaio è stato sostituito con uno in elastogel più silenzioso e più performante.
I Direct Drive sono i rulli più evoluti ma anche i più costosi. In questo caso la ruota posteriore viene tolta e la trasmissione viene collegata al rullo direttamente utilizzando un pacco pignoni connesso all’ingranaggio. Sono i veri rulli interattivi con i quali è possibile interagire con i software delle varie piattaforme e simulare dalle pendenze, al fondo stradale, all’inclinazione del percorso.
Queste due ultime tipologie di rulli hanno entrambe la possibilità di simulare le pendenze aumentando la resistenza del rullo attraverso un freno a resistenza magnetica (il più diffuso e meno costoso), idraulica attraverso un liquido in cui è immerso il volano ed elettro-magnetico che garantisce una maggiore precisione e fluidità di pedalata ma che ha bisogno di essere collegato ad una presa elettrica.
Recentemente anche alcuni Rollers della Elite sono stati dotati di una resistenza elettro-magnetica gestita dal software della piattaforma utilizzata per le sessioni di realtà virtuale.
Escludendo i modelli base, tutte e tre le tipologie possono essere utilizzate in modo interattivo purchè siano dotate di sensori in grado di misurare le rispettive performances in termini di velocità, potenza e frequenza di pedalata. Ovviamente i più evoluti dal punto di vista dell’interattività sono i Direct Drive e se si ha intenzione di utilizzarli in ambienti immersivi di realtà virtuale o realtà aumentata, è bene acquistare subito uno di questi modelli, magari acquistando un entry level che comunque non costa meno di 500 €.
Personalmente uso un Tacx Flux S Smart e sono soddisfattissimo, ma la scelta è stata determinata anche dalla sua disponibilità in questo periodo di difficile reperimento di rulli interattivi. In alternativa ci sono i modelli della Elite, anch’essi affidabili e performanti. La Tacx (azienda olandese acquistata recentemente dall’americana Garmin) e la Elite (azienda italiana, leader nel settore) sono quelle che si dividono la fetta più consistente del mercato in Europa. A seguire, con lo stesso livello di performance e di affidabilità nell’interattività, ci sono la Wahoo e la Saris.
LE PIATTAFORME VIRTUALI
Fatta la scelta del rullo si può passare all’esame delle piattaforme che consentono un’esperienza immersiva con i rulli. Sono tutte piattaforme a pagamento ma hanno il pregio di poter fare anche abbonamenti mensili e non solo annuali. In genere quasi tutte offrono un periodo di prova gratuito per poterle testare. Alcuni abbonamenti sono gratuiti in quanto compresi nell’acquisto del rullo interattivo.
Esistono piattaforme che offrono alcuni servizi gratuiti come RGTCycling ma il meglio dell’esperienza immersiva è sempre a pagamento e quindi, conviene conoscere le attuali offerte per poi fare la scelta giusta in modo consapevole.
Zwift
La piattaforma che al momento è la pià frequentata è Zwift. Si tratta di un sistema di realtà virtuale che propone numerosi percorsi “disegnati”, alcuni completamente inventati e altri che ripropongono situazioni reali. Gli ambienti son molto dettagliati e il livello di immersività è buono (puoi anche scegliere la qualità dei dettagli in base alla larghezza di banda disponibile). Il suo punto di forza è l’interattività. Si tratta infatti di un divertente videogioco associato ad una piattaforma social che ti permette di interagire con i tuoi amici e condividere l’esperienza della pedalata.
Con Zwift puoi organizzare delle uscite di gruppo invitando i tuoi amici in uno dei tanti percorsi disponibili. Puoi stabilire un orario per l’appuntamento e ritrovarti con loro nel punto di partenza. L’esperienza è divertente e stimolante. Necessita di un minimo di preparazione e confidenza con l’applicazione e con i social, ma si impara presto e si può pedalare insieme e condividere le sensazioni (e anche giocare un po’ sfidandosi sulle salite…)
Rouvy
L’altra applicazione che va per la maggiore è Rouvy, è stata realizzata nella Repubblica Ceca e propone una quantità enorme di percorsi che possono essere vissuti in “realtà aumentata”. La visione è realistica perchè le riprese sono reali e sono sincronizzate con il rullo di chi partecipa, così che il video scorre alla velocità con la quale procedi. In più, lungo il percorso puoi incontrare gli avatar (disegnati ma realistici) degli altri ciclisti presenti lungo il percorso. Si tratta di un’esperienza immersiva di grande impatto perchè sembra proprio di “esserci”.
Anche con questa applicazione puoi darti appuntamento con i tuoi amici su uno dei tanti percorsi e condividere la pedalata attraversando territori conosciuti o da esplorare.
Questo è il valore aggiunto di questa piattaforma che ti consente di viaggiare con le gambe, con gli occhi e con la mente e affrontare percorsi che sarebbe difficile raggiungere.
Recentemente ho partecipato alla prima Granfondo virtuale sul percorso “Bormio – Gavia” di 24 km e 1400 m di dislivello, organizzata da ENDU e dagli organizzatori della GF Damiano Cunego.
Conoscevo questa salita ma è stato un piacere vivere l’esperienza virtuale insieme ad altri 400 ciclisti reali con i quali ho condiviso il percorso e l’atmosfera, arricchita e impreziosita dalla diretta su fb con la presenza di commentatori e collegamenti con i protagonisti.
Insomma: non vedo l’ora di riprendere a pedalare nella realtà… ma, avendo conosciuto questa nuova modalità, non mi dispiace pensare di poter continuare a viaggiare anche nelle giornate di pioggia utilizzando queste nuove tecnologie di cui mi sono dotato e che mi offrono non una alternativa ma una nuova opportunità.
Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.
https://i0.wp.com/mybikeway.it/wp-content/uploads/2020/04/Rouvy1.png?fit=836%2C556&ssl=1556836Valter Ballarinihttp://mybikeway.it/wp-content/uploads/2018/02/my-bike-way.pngValter Ballarini2020-04-28 15:24:312020-04-28 15:24:35Utilizzare i rulli interattivi per viaggiare virtualmente (e divertirsi) e non solo per allenarsi
Da spettatori appassionati del Ciclismo professionistico, aspettavamo tutti le classiche di primavera e l’entrata in scena dei campioni. A partire da queste competizioni, ogni anno milioni di persone si apprestavano a passare moltissime ore davanti alla tv (o anche sugli smartphone) a guardare le imprese di questi eroi moderni sullo sfondo di paesaggi magnifici e di montagne mitiche.
Con l’annullamento delle classiche italiane si è verificato qualche cosa di inaspettato che va oltre il dispiacere per la rinuncia ad uno spettacolo atteso e desiderato.
Questo evento improvviso e carico di conseguenze, non riguarda solo la salute e l’economia, ma investe profondamente tutti noi, le nostre abitudini, le nostre azioni, il nostro modo di pensare, il nostro modo di relazionarci e, nella sostanza, la nostra cultura e i valori su cui si fonda.
Niente sarà come prima. Superata questa fase di emergenza è improbabile che si ristabilisca l’ordine precedente perchè quell’ordine perduto era il frutto di un pensiero condiviso, non ha importanza se voluto o imposto.
Il Corona virus sta agendo profondamente più su questo “pensiero condiviso” che sui corpi fisici degli ammalati, dei contagiati e degli impauriti. Ma anche degli scettici e dei pragmatici, perchè gli effetti di ciò che sta provocando non sono opinabili.
Il virus sta mettendo in discussione tutto ciò che era considerato immutabile.
La stessa passione per il Ciclismo agonistico, per la pratica del ciclismo amatoriale e il semplice piacere di andare in bicicletta subirà una profonda mutazione.
Il Ciclismo, in quanto disciplina sportiva, è qualche cosa di unico per il fatto di coinvolgere territori estesi, di essere praticato all’aperto, in tutte le condizioni climatiche e metereologiche, di coinvolgere milioni di spettatori (non paganti) ai bordi delle strade, di essere basato sulla competizione tra individui che, però, viaggiano in gruppo per la maggior parte del tempo e condividono la stessa fatica e le stesse poche regole.
Se il Ciclismo dei campioni è “lo spettacolo”, le manifestazioni amatoriali sono fenomeni di massa che alimentano un mercato enorme, non limitato al settore delle bici e dell’abbigliamento sportivo, poichè generano effetti rilevanti anche sul turismo, sull’alimentazione e sulla salute.
Il Ciclismo, nelle sue svariate articolazioni, nasce alla fine dell’ottocento ed interpreta più di ogni altra disciplina il “mito futurista del movimento” anche se, di questo mito, per via del rumore dei motori a scoppio, si sono fatte portavoce e paladine le discipline motoristiche.
Tutto il XX secolo è stato caratterizzato dal mito della velocità e dai suoi effetti sugli spostamenti di massa. La Cultura occidentale ha imposto questo modello a tutto il mondo costringendoci a pensare, sin poco dopo la nascita, che la nostra vita sarebbe stata inevitabilmente caratterizza da continui spostamenti nello spazio.
L’umanità, prima del Corona virus, passava gran parte della propria esistenza in movimento: per andare al lavoro, per andare a scuola, per andare in vacanza, per alimentarsi, per divertirsi, per conoscere il mondo… e per fare questo sono state create infrastrutture per consentire questo movimento, secondo ritualità e tempi dettati da interessi collettivi (pensate alla follia degli esodi per le vacanze).
Il Corona virus ha imposto un cambio di paradigma: bisogna stare fermi e distanti gli uni dagli altri. Una cosa apparentemente banale ma che sta producendo degli effetti inimmaginabili.
Come si fa a stare fermi in un mondo che è sempre stato in movimento ? Un mondo basato sull’accelerazione e sulla crescita ? Un mondo H24 dove non tramonta mai il sole ?
Come si fa a rimanere distanti dagli altri se tutto il mondo è stato pensato per le masse ? Il cui sviluppo è fondato sulla concentrazione delle risorse di qualsiasi natura (anche quelle umane) ?
Si fa. Lo hanno fatto in Cina con strumenti coercitivi, lo stiamo iniziando a fare anche in Italia, in Europa e nel reto del mondo utilizzando l’altro virus oggi in voga, quello della paura.
Cosa cambierà nel Ciclismo professionistico ? Non si può sapere. Al momento non si corre aspettando che tutto torni come prima.
Stessa cosa sta accadendo nel Ciclismo amatoriale. Tutti gli eventi in calendario sono stati cancellati e rinviati a data da destinarsi.
Cosa faranno i milioni di ciclisti praticanti privati di queste certezze ?
In attesa e nella speranza che “passi ‘a nuttata” cosa si inventeranno ?
Personalmente ritengo che questo momento di stop possa essere una occasione di riflessione importante per immaginare quello che inevitabilmente sarà un cambiamento epocale.
In questi ultimi anni, parallelamente allo sviluppo del ciclismo competitivo professionistico e della sua copia amatoriale, si sta affermando un nuovo approccio, apparentemente meno eroico, ma sicuramente affascinante e numericamente più rilevante, e dalle grandi potenzialità: il cicloturismo.
Un ciclismo che si pratica individualmente o in piccoli gruppi, che non ha bisogno di organizzazioni megagalattiche, che si può praticare in qualsiasi periodo dell’anno, che non comporta la chiusura di strade e il coinvolgimento massivo della protezione civile e delle forze dell’ordine, che non sporca le strade e che distribuisce ricchezza anche nei territori marginali.
Chi pratica il cicloturismo sulle brevi o sulle lunghe distanze, si muove liberamente, non è vincolato da regole competitive, non deve mettersi in griglia, può partire e arrivare quando vuole, può fermarsi dove vuole, può scegliere la compagnia, può interagire con le comunità che incontra.
Il cicloturista è quello che risentirà meno di questa situazione di cambiamento nel mondo del Ciclismo e che potrà fornire un contributo per individuare una nuova strada per continuare a pedalare verso un mondo che potrebbe essere migliore di quello che siamo costretti a lasciare.
Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.
https://i0.wp.com/mybikeway.it/wp-content/uploads/2020/03/corona-bici.jpg?fit=900%2C600&ssl=1600900Valter Ballarinihttp://mybikeway.it/wp-content/uploads/2018/02/my-bike-way.pngValter Ballarini2020-03-07 11:43:342020-03-07 11:53:31Il Ciclismo al tempo del Corona Virus