Spesso si ha bisogno del pensiero laterale per affrontare e risolvere problemi che sembrerebbero senza soluzione.

I temi della sicurezza e della ciclabilità vengono affrontati un po’ da tutti, governo, parlamento, enti locali, comprese le organizzazioni che rappresentano i ciclisti, con la logica delle infrastrutture che ha caratterizzato il XX secolo.

Se le strade a traffico promiscuo sono insicure per i ciclisti, la soluzione apparentemente ovvia è quella di costruire le piste ciclabili (leggi anche “Le ciclabili sono la soluzione per gli automobilisti”), nuove infrastrutture destinate esclusivamente a loro (ma spesso anche ai pedoni) così da confinarli entro binari “sicuri”, togliendoli dalle strade, ed evitando così che siano di intralcio per gli altri veicoli a motore.

Se questa può essere una soluzione in ambito urbano (ma poi vedremo perché non lo è in assoluto), in ambito extraurbano è puramente teorica e difficilmente praticabile, oltre che penalizzante per i ciclisti.

Realizzare una pista ciclabile è come realizzare una nuova strada. Ha dei costi di costruzione rilevanti e necessita di procedure burocratiche (espropri e autorizzazioni) dagli esiti incerti, oltre a tempi lunghi di realizzazione.

Questo vale sia in ambito urbano che extraurbano.

L’esperienza sul campo dimostra che le ciclabili urbane, quelle ben progettate, che seguono criteri logici, non episodiche, che formano una rete percorribile in continuità, sono molto utili e frequentatissime. Ma poche città in Italia posso vantare la presenza di una rete ciclabile con queste caratteristiche. Quasi sempre troviamo solo alcuni tratti di ciclabili ben realizzate che collegano il nulla con il nulla e, chiaramente, non vengono utilizzate dai ciclisti

Quelle extraurbane, quando ben realizzate e interconnesse con punti di scambio intermodale, che attraversano i borghi e i piccoli centri urbani, immerse nella natura e provviste di servizi, sono anch’esse frequentate da numerosi ciclisti. Ma queste ciclabili si contano sulla punta delle dita perché non sono contemplate nell’immaginario dei progettisti e degli amministratori.

Così, quelle realizzate con lo stesso criterio delle autostrade, con un unico punto di accesso e di uscita, separate dal contesto, sono meno frequentate dai ciclisti e, dopo pochi anni dalla loro realizzazione, diventano impraticabili per assenza di manutenzione. Solo i tratti prossimi ai centri abitati vengono frequentati, ma non dai ciclisti. Prevalentemente runner e pedoni con cane al guinzaglio.

Nonostante le poche esperienze realizzate ci insegnino molto sull’utilità e inutilità delle piste ciclabili e ci forniscano utili indicazioni su come progettarle, il pensiero dominate si rifà a questo modello astratto basato sulla separazione virtuale dei flussi di traffico per categorie.

Lo stesso progetto delle ciclovie turistiche nazionali (leggi anche “Che fine hanno fatto i progetti delle Ciclovie…”) risente di questo approccio, nonostante sia evidente la sua impraticabilità nel contesto italiano dove, tranne in pochi tratti pianeggianti, predomina il paesaggio collinare e montuoso che rende impossibile il rispetto degli standard teorici di percorribilità e sicurezza.

La soluzione viene subordinata all’approccio ingegneristico che domina nei ministeri e negli enti locali e il risultato è che i progetti sono particolarmente complessi, le risorse economiche non sono sufficienti, i tempi di realizzazione si allungano a dismisura.

Invece di cambiare rotta, si continua ad affrontare la cosa sempre allo stesso modo con risultati deludenti e scoraggianti.

Qui entra in ballo il pensiero laterale.

Ma perché non pensiamo di utilizzare ciò che già esiste ?

Perché non pensiamo di rendere ciclabili le strade minori esistenti che costituiscono una fitta rete di collegamento tra i numerosissimi borghi e frazioni disseminati nel nostro territorio ?

Si tratta di un patrimonio enorme, di rilevante valore economico, culturale, sociale e turistico, oggi difficilmente valorizzabile perché difficilmente raggiungibile.

Le stesse strade minori sono un patrimonio di grande valore (leggi anche “Strade da Vivere”). Non sono state progettate in base ai criteri della velocità, raramente attraversano montagne con lunghe gallerie, sono integrate nel paesaggio di cui fanno parte, sono utilizzate per le produzioni agricole, servono a collegare e rendere vivibili anche le frazioni più remote.

Queste strade che accarezzano il territorio sono l’eredità plurimillenaria che ci hanno lasciato i nostri antenati.

Perché non utilizzarle ? Perché non costruire, attraverso la loro valorizzazione, un modello alternativo di sviluppo economico, sociale, culturale, basato sulla conoscenza del territorio e sulle comunità e culture che lo abitano ?

E’ più facile di quanto sembri. Si tratta di adottare dei criteri semplici di riclassificazione di questo enorme e complesso patrimonio di strade utilizzando una metodologia di analisi condivisa e praticabile.

Un esempio virtuoso: il Masterplan per la Mobilità Dolce della Provincia di Siena

La Provincia di Siena è la prima provincia italiana che si è dotata recentemente di un Masterplan per la Mobilità Dolce (Leggi l’articolo) basato su una metodologia di indagine che consente la riclassificazione delle strade esistenti secondo parametri ben definiti che, oltre a fotografare l’esistente, suggerisce quali interventi manutentivi e di qualificazione debbano essere realizzati per guadagnare nel tempo un rating che le renda più appetibili, dal punto di vista della percorribilità, fruibilità e sicurezza, ai flussi cicloturistici che si intendono attrarre nei vari territori.

Questa metodologia, validata sul campo, ha richiesto alcuni anni per essere messa a punto ma ora è disponibile per essere applicata su tutto il territorio nazionale grazie al fatto di essere stata adottata dalla Provincia di Siena e da alcuni Comuni del senese che, a livello prototipale, la stanno sperimentando per attrezzare il proprio territorio con una visione unitaria e una logica condivise.

La cosa veramente interessante e innovativa di questo approccio sta nel fatto che questa rete di percorsi cicloturistici non è vista come un organismo statico, e la classificazione dei singoli segmenti che la compongono può essere aggiornata nel tempo a seguito di interventi strutturali migliorativi o condizioni degenerative (per incuria o calamità).

La tecnologia utilizzata (una App che trasferisce i dati rilevati in tempo reale) rende più facile il compito ai gestori delle strade, agli Enti Locali che promuovono i percorsi cicloturistici e ai certificatori che stabiliscono il rating delle singole tratte in base a specifici indicatori.

Sicuramente si tratta di un primo passo utile non solo alla valorizzazione di un territorio particolarmente vocato al cicloturismo, ma di un approccio metodologico innovativo per avviare una nuova fase di valorizzazione delle risorse territoriali.

Per completare l’opera, sarà comunque necessario riuscire ad ottenere anche una riforma del Codice della Strada (Leggi anche “e se il Codice della Strada…”) in grado di recepire le esigenze del cicloturismo e della mobilità slow, introducendo delle semplici norme a tutela della fruizione condivisa delle strade da parte di tutti gli utenti (Leggi anche “Siamo uomini o caporali, ciclisti/automobilisti”).

Valter Ballarini

Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.

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Sulle varie piattaforme oggi disponibili, sia gratuite che a pagamento, ci sono migliaia di tracce gpx che possono essere scaricate e inserite nel proprio dispositivo ed essere navigate.

C’è però il problema che quando si registra o si crea una traccia ci sono sempre un inizio e una fine del percorso, che vengono stabiliti da chi realizza la traccia.

Se vogliamo utilizzare questa traccia senza problemi, dobbiamo iniziare il nostro viaggio dal suo punto di partenza e poi seguire le indicazioni fino alla sua conclusione.

Se, invece, vogliamo partire da un punto qualsiasi del percorso, possiamo farlo, ma dobbiamo osservare delle semplici accortezze.

Per prima cosa, una volta caricata la traccia sul dispositivo, è necessario individuarla e avviare la navigazione.

La traccia ci porterà fino alla conclusione del percorso ma, per ritornare al nostro punto di partenza, dobbiamo ricaricare la traccia e ricominciare nuovamente il percorso per arrivare al punto da dove siamo partiti. In questo caso il nostro dispositivo continuerà a seguire la traccia indicandoci il punto di arrivo finale, ma la traccia ci condurrà comunque nel punto dove, precedentemente, abbiamo iniziato il nostro percorso.

Tutto questo funziona bene per i percorsi circolari con il punto di partenza e arrivo coincidenti. Per i percorsi lineari il metodo è lo stesso ma, una volta arrivati a destinazione non potremo riavviare la traccia perché ci troveremo molto distanti dal punto di partenza.

Fare questo è molto semplice se vogliamo solo navigare la traccia. Se, invece, vogliamo anche registrare il nostro percorso per memorizzare i dati della nostra prestazione, dopo aver avviato la navigazione dobbiamo anche avviare la registrazione.

In questo caso, però, non potremo avere un’unica traccia registrata perché alla fine del percorso navigato dovremo memorizzare la prima traccia e, dopo aver avviato nuovamente la navigazione, iniziare a registrare una nuova traccia che si concluderà al nostro punto di partenza.

Alla fine avremo due tracce ma, con un po’ di pazienza, se serve, è possibile unire le due tracce in una unica, utilizzando dei programmi appositi.

Questo il link ad un sito on-line che vi consente di realizzare una unico file .gpx partendo da due files .gpx da voi generati. La procedura è semplice: il link ti porta ad una pagina di gpsvisualizer.com dove ti apparirà questa schermata.

Carica il tuo primo file .gpx che hai generato e poi il secondo file .gpx. Seleziona in alto il formato del nuovo file (GPX). Clicca in basso su advanced options e, sulla scheda che si apre, seleziona yes sia su Connect segments che su merge all tracks. Poi clicca su Convert. Ti apparirà questo messaggio:

Clicca sul link e verrà scaricato sul tuo pc il nuovo file .gpx che sarà la traccia unificata delle due tracce precedenti. Rinomina il file generato. Ora potrai visualizzare il nuovo file su qualsiasi piattaforma online, oppure caricarlo sul tuo dispositivo e navigare la traccia.

Valter Ballarini

Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.

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Ci sono molti modi per disegnare un percorso e generare un file gpx. Il metodo migliore e più preciso è naturalmente quello di registrare la traccia con il proprio ciclocomputer. Il file gpx così generato conterrà anche tutte le informazioni rilevate lungo il percorso (oltre all’altimetria anche la velocità, la media ecc.). Questo file viene letto come reale da qualsiasi visualizzatore che si può trovare sul Web (Openrunner, Strava, Bikemap ecc.).

Esiste però un altro modo, più semplice, di generare file gpx ed è quello di utilizzare direttamente le funzionalità messe a disposizione a tale scopo dai programmi di visualizzazione. A differenza dei files generati realmente, questi contengono solo informazioni relative al percorso, come distanza e altimetria, ma il tempo di percorrenza viene solo stimato in base ai parametri di chi lo genera (età, altezza, peso ecc.).

A che cosa servono questi file gpx generati a tavolino ?

Principalmente a due cose:

1 – verificare un percorso prima di farlo, misurando la distanza e il dislivello altimetrico

2 – generare un file gpx da caricare sul dispositivo (ciclocomputer o App) che vi guiderà lungo il percorso

Nel primo caso l’utilità sta nel prevedere cosa ci aspetta programmando la nostra esperienza di viaggio, nel secondo caso, la traccia ci aiuta a seguire il percorso che abbiamo programmato, senza perderci.

Sicuramente questa possibilità, che ci viene offerta gratuitamente da tutte le piattaforme in commercio, è utilissima e vale la pena perderci un po’ di tempo (pochissimo) per imparare ad usarla.

Dopo averle utilizzate e studiate molte, la mia preferita è STRAVA. E’ quella più semplice, è la più affidabile, è basata su una cartografia leggibile e dettagliata. Di seguito vi spiego come utilizzarla.

Per prima cosa è necessario iscriversi (gratuitamente) e generare un proprio profilo su STRAVA..

Ora che ti sei registrato, segui questi consigli per generare la tua prima traccia gpx con STRAVA. Accedi alla tua dashboard.

Clicca in alto a sinistra e ti comparirà una tendina con “i miei percorsi”. Cliccaci sopra.

Si apre una nuova finestra “I miei percorsi”. Clicca su “Crea nuovo percorso”.

Ora, in alto a sinistra, digita la località da dove vuoi iniziare il percorso. Nel caso dell’esempio “Assisi” in Umbria. Si apre la mappa con al centro Assisi.

Clicca in alto a sinistra sulla rotella e ti si aprirà la pagina con le preferenze. Puoi scegliere se usare la mappa o la visione satellitare e il sistema di misura delle distanze.

Fatto questo devi posizionare il cursore sul punto esatto dove vuoi iniziare il percorso. Ti consiglio di ingrandire la mappa cliccando in alto a sinistra su “+” fino ad ottenere una mappa abbastanza dettagliata.

Posiziona il cursore sul punto di partenza. Apparirà un pallino verde. Posiziona nuovamente il cursore su un altro punto lungo il percorso che intendi tracciare. Si genererà una prima traccia scura. Se, procedendo, posizionerai il cursore su un punto sbagliato, puoi cancellarlo cliccando in alto a sinistra su “annulla”. Non cliccare su “cancella” perchè quel pulsante cancella tutta la traccia e dovrai ricominciare dall’inizio.

Prosegui posizionando il cursore sui punti successivi del tuo percorso. Vedrai che il programma disegnerà automaticamente la tua traccia seguendo la strada sulla mappa. Fai attenzione a inserire i punti lungo le strade che vuoi percorrere tu perchè il programma potrebbe seguire altri tracciati in base ad altri parametri diversi dai tuoi. Controlla quindi la traccia mentre si genera prima di continuare. Nel caso clicca su “annulla” per eliminare l’ultimo tratto.

Arrivato alla fine del tuo percorso, devi salvarlo cliccando su “salva” in alto a destra.

Puoi anche attivare il “dislivello” per vedere l’andamento altimetrico della tua traccia. Appena avrai cliccato su “salva” ti apparirà questa scheda con dei campi da riempire.

Devi dare un nome al tuo percorso. Puoi aggiungere una descrizione che ti potrà servire in seguito quando avrai generato molti percorsi e sarà difficile ricordarli tutti. Fatto questo clicca su “salva”.

Ora che l’hai salvato, potrai visualizzare il tuo percorso.

A questo punto puoi scaricare la traccia gpx che hai generato. Il file avrà il nome che hai assegnato al percorso. Ora potrai caricarlo sul tuo dispositivo.

Se hai un Garmin puoi seguire le istruzioni presenti in questo post https://mybikeway.it/come-inserire-una-traccia-gpx-nel-tuo-garmin/

Se hai un Bryton puoi seguire le istruzioni presenti in questo post https://mybikeway.it/come-inserire-un-file-gpx-nel-tuo-bryton/

Ora puoi utilizzare la traccia che hai caricato sul tuo dispositivo per farti guidare lungo il percorso che hai generato.

Segui questo link per capire cosa è STRAVA

Segui questo link per iscriverti usando uno dei 3 metodi previsti.

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Come sincronizzare il tuo dispositivo con STRAVA https://mybikeway.it/come-sincronizzare-un-dispositivo-gps-con-strava/

Convertire un file .FIT in un file .gpx https://mybikeway.it/convertire-un-file-fit-in-un-file-gpx/

Bryton come alternativa a Garmin ? https://mybikeway.it/bryton-come-alternativa-a-garmin/

Valter Ballarini

Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.

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In Europa ci sono dei percorsi, a piedi e in bicicletta, che hanno una grande fama e godono di un notevole successo di pubblico. Ciò che più concorre a renderli famosi è il fascino del racconto dell’esperienza di coloro che li hanno percorsi e il valore simbolico che li caratterizza.

Il pellegrinaggio verso i luoghi sacri delle varie religioni è stato uno dei motivi che ha mosso e ancora muove centinaia di migliaia di persone in tutti i continenti. Nel mondo occidentale, dopo la parentesi del secolo scorso, stanno riprendendo vita in modo particolare due dei grandi percorsi di pellegrinaggio della cristianità: il Cammino di Santiago e la Francigena.

Pur rappresentando un’attrazione di tipo spirituale per i credenti, entrambi i percorsi sono diventati dei prodotti turistici che, in molti casi, travalicano il significato religioso e attraggono una moltitudine di persone che trovano una motivazione, condivisa, per affrontare un viaggio che, si spera, possa avere caratteristiche diverse da una semplice vacanza.

Se per il Cammino di Santiago si può parlare di un vero boom a livello mondiale, lo stesso non si può dire per la Via Francigena che, nonostante sulla carta possegga un’attrattività maggiore per le mete che mette in comunicazione, non ha lo stesso successo.

Di seguito provo a dare delle possibili spiegazioni del fenomeno, descrivendo i due percorsi e le loro caratteristiche facendo riferimento alle fonti ufficiali linkate.

La Via Francigena sta ad indicare un insieme di vie che dall’Europa occidentale, in particolare dalla Francia (da dove origina il nome), conducevano nel Sud Europa fino a Roma (alla tomba dell’apostolo Pietro) e di qui proseguivano verso la Puglia, dove vi erano i porti d’imbarco per la Terrasanta, meta anch’essa dei pellegrini e dei crociati.

Il pellegrinaggio a Roma, nel medioevo, era una delle tre peregrinationes maiores insieme alla Terra Santa e a Santiago di Compostela. L’Italia era percorsa continuamente da pellegrini di ogni parte d’Europa. Molti si fermavano a Roma, gli altri scendevano fino al porto di Brindisi e poi, da lì, si imbarcavano per la Terra Santa.

La prima descrizione del percorso fu fatta nel X secolo dal vescovo Sigerico, di ritorno a Canterbury dal pellegrinaggio fatto a Roma. Il documento di Sigerico rappresenta una delle testimonianze più importanti di questa rete medievale di vie di comunicazione, ma non esaurisce le molteplici alternative che concorrono a definire una fitta ragnatela di collegamenti che il pellegrino percorreva a seconda della stagione, della situazione politica dei territori attraversati, delle credenze religiose legate alle reliquie dei santi lungo il percorso.

Non si può parlare quindi di un’unica via Francigena (come lo si può fare per le vie consolari romane) ma di una rete di percorsi che collegavano l’Europa a Roma e alla Terra Santa.

La presenza di questi percorsi, attraversati da una grande quantità di persone provenienti da culture diverse tra loro, ha permesso un eccezionale sviluppo delle relazioni nell’Occidente Cristiano. Ancora oggi, anche se non sempre facilmente, sono rintracciabili sul territorio le memorie di questo passaggio che ha strutturato profondamente le forme insediative e le tradizioni dei luoghi attraversati. Un passaggio continuo che ha permesso alle diverse culture europee di comunicare e di venire in contatto, forgiando la base culturale, artistica, economica e politica dell’Europa moderna.

Il Cammino di Santiago di Compostela è l’insieme dei percorsi che i pellegrini nel medioevo utilizzavano, attraverso la Francia e la Spagna, per giungere al santuario di Santiago di Compostela, costruito nel IX secolo sulla tomba dell’Apostolo Giacomo (morto nel 44 d.c.) il cui culto è da sempre molto sentito in Europa poichè , secondo la tradizione popolare, sarebbe intervenuto prodigiosamente, in sella ad un cavallo bianco, come Matamoros (ammazza mori), a sostegno dell’esercito asturiano contro le truppe islamiche nella battaglia di Clavijo nell’844 d.c.

I Cammini di Santiago sono quindi molteplici e, come si vede nella mappa, convergono, da diverse zone dell’Europa, verso Roncisvalle, da dove parte l’ultima tratta che attraversa la Spagna settentrionale.

Da quando nel  1987 il Consiglio d’Europa ha riconosciuto l’importanza dei percorsi religiosi e culturali che attraversano l’Europa per giungere a Santiago de Compostela dichiarando la via di Santiago “itinerario culturale europeo” e finanziando tutte le iniziative per segnalare i vari percorsi, questi sono diventati un prodotto turistico che travalica la fede cristiana e coinvolge migliaia di turisti ogni anno.

LE DIFFERENZE

La Via Francigena, a differenza del Cammino di Santiago de Compostela, non è ancora un percorso attrezzato per i pellegrini e per i turisti a piedi e in bicicletta.

Il tracciato di entrambe è immaginario perchè, tranne in pochi tratti dove permangono testimonianze storiche, delle antiche strade e sentieri percorsi dai pellegrini nel medioevo non c’è più traccia.

In particolare, la Via Francigena, ha risentito nei secoli delle trasformazioni fisiche del territorio attraversato, e delle vicende politiche che, per vari motivi contingenti, hanno modificato e rimodificato i flussi.

Solo negli anni ’80 del secolo scorso è comparsa una segnaletica lungo il percorso francese del Cammino, e solo recentemente in Italia è stata realizzata, da organismi privati e da poche amministrazioni locali, una segnaletica permanente per la Francigena.

Però, il Cammino, nelle sue varie articolazioni e aggiunte, può contare ogni anno sulla presenza di circa 300.000 pellegrini, mentre la Francigena molto meno (secondo stime, in eccesso, non verificate 50.000).

Da cosa dipende ? Dal marketing (solo annunciato) e da alcuni fattori strutturali.

Un esempio eclatante è costituito dall’accesso a Roma. Più ci si avvicina alla capitale e più ci si perde. Esperienza completamente diversa è l’arrivo a Santiago de Compostela, la meta indiscussa del pellegrinaggio e del viaggio.

Altra lacuna la presenza diradata e poco organizzata di ostelli a basso prezzo. A questo si aggiunge la frammentazione degli interventi strutturali sui percorsi che risultano parziali ed episodici.

Sostanzialmente la Via Francigena si presenta ancora più come un’idea e un progetto che come una vera e propria infrastruttura organizzata.

Al momento è un limite ma potrebbe essere una risorsa se le varie comunità locali, che potrebbero avere dei vantaggi dalla presenza di questa infrastruttura nei propri territori, si organizzeranno per realizzare un disegno unitario (dal punto di vista dell’identità del prodotto), ricco di varianti (così come la storia ci insegna) che consentano ai pellegrini e ai turisti di arricchire la propria esperienza di viaggio e di scoperta del territorio.

Stiamo parlando dell’Italia e di una ricchezza di offerta che non ha uguali (anche in confronto con la Galizia), così che la via Francigena o, meglio, le vie Francigene, possano diventare l’esperienza del viaggio in Italia per milioni di turisti.

Si tratta di porre l’attenzione più sul viaggio che sulla meta e lavorare per creare una cultura dell’accoglienza per un turismo itinerante, non più di massa (dei torpedoni), ma degli individui che si spostano a piedi o in bicicletta. Turisti comunque numerosi ma più attenti alle esperienze autentiche, ai territori attraversati e alle comunità.

Link all’intervista a Pierpaolo Romio, fondatore del Tour Operator, Giro Libero che parla anche della Francigena e fa interessanti riflessioni su come è organizzato il mercato del cicloturismo in Italia.

Valter Ballarini

Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.

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Sono disponibili dei nuovi ciclocomputer satellitari prodotti da Garmin e da Bryton che cercano di conquistarsi il mercato con nuove funzionalità di navigazione.

Per prima cosa bisogna dire che il costo di un dispositivo gps specifico per il ciclismo è comunque eccessivo rispetto alle sue funzionalità, molte delle quali si trovano, gratis, in tutti gli attuali smartphone, grazie a numerosissime app che è possibile scaricare. Continua a leggere

Valter Ballarini

Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.

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Il 26 marzo, a Roma, al Bike Summit 2019, presso la sede dell’Unioncamere, è stato presentato il 1° rapporto sul Cicloturismo in Italia 2019, realizzato da UNIONCAMERE, INSART, LegamBici, Legambiente.

I dati forniti sono interessanti perchè fotografano una realtà in grande sviluppo nonostante l’arretratezza del nostro sistema di offerta e la pressochè inesistenza di un sistema infrastrutturale pensato per accogliere e favorire questo fenomeno.

Eppur si muovono… i cicloturisti in Italia (leggi: 1° rapporto sul Cicloturismo in Italia 2019 – Unioncamere Legambiente).

Dal rapporto risulta infatti che nel 2018 sono state rilevate presenze cicloturistiche che ammontano a 77, 6 milioni, pari all’8,4% dell’intero movimento turistico in Italia, con un aumento del 41% all’interno del comparto “turismo attivo” nell’ultimo quinquiennio.

La presenza di un numero così elevato di cicloturisti sulle nostre strade ha anche un risvolto economico rilevante. Si calcola che abbia prodotto 7,6 mld di ricavi nel 2018.

La ricerca ha classificato i cicloturisti dividendoli in 3 categorie:

Turisti sportivi – Scelgono la destinazione turistica in base all’attività sportiva che vanno a svolgervi (sostanzialmente i cicloamatori agonisti che partecipano alle varie granfondo)

Turisti CON bicicletta (Holidays Cycling) – I turisti per i quali l’escursione in bicicletta è una parte della vacanza ma non è la componente principale

Turisti IN bicicletta (Cycling Holidays) – Turisti per i quali la principale motivazione è il viaggio in bicicletta.

Il Rapporto non prende in considerazione la prima categoria di ciclisti che pure rappresenta una realtà molto interessante considerando i numeri di alcune manifestazioni monumento come la 9 Colli di Cesenatico, la maratona delle Dolomiti, la Sella Ronda Hero, la Strade Bianche e l’Eroica che contano dai 5000 ai 15 partecipanti.

Per quanto riguarda le altre due categorie, Isnart ha stimato nel 2018 ben 21,9 milioni di presenze che rientrano nella terza categoria dei Turisti In bicicletta, mentre 55,7 milioni le presenze dei Turisti Con bicicletta.

Altro dato interessante che emerge dal Rapporto è l’impatto economico prodotto dal Cicloturismo che è stato stimato complessivamente in 7,6 mld, risulatnti dalla somma di quanto speso dai Cicloturisti (2 mld) e dai Turisti ciclisti (5,6 mld).

Escludendo i costi del viaggio con altri mezzi per raggiungere le località di partenza o di vacanza attiva, che incide mediamente per gli italiani per circa 100 € e per gli stranieri per circa 340 €, il Cicloturista puto spende mediamente 54,6 € al giorno per dormire e 65,8 € per gli altri consumi, mentre il Turista ciclista 51,9 € per dormire e 76,8 € per gli altri consumi.

Il Rapporto dettaglia anche le tipologie di spesa ma la tabella è molto articolata e vale la pena studiarsela attentamente consultando direttamente il documento.

In occasione del Bike Summit 2019, evento realizzato in collaborazione con AMODO (Alleanza per la Mobilità Dolce) e GRAB+, sono state illustrate le iniziative che le varie regioni italiane stanno portando avanti per dotare il paese di infrastrutture adeguate a favorire il fenomeno del Cicloturismo. Oltre ai 4 progetti di Ciclovie Bicitalia/Eurovelo (Vento, Ciclovia del Sole, Ciclovia dell’Acquedotto Pugliese, GRAB), finanziate dal governo in base alle recenti leggi sulla ciclabilità approvate in Parlamento, sono stati illustrati i progetti delle altre ciclovie in fase di studio e realizzazione, promossi dalle regioni e finanziati con altre risorse.

Lo stato dell’arte non è esaltante perchè sostanzialmente sia le grandi direttrici nazionali che le altre ciclovie sono quasi tutte sulla carta, ed escludendo le esperienze virtuose del Trentino Alto Adige con le sue ciclovie realizzate e funzionanti, del Friuli Venezia Giulia con realizzazioni e progettualità avanzate, e della Ciclovia del Sole da Verona a Firenze che, seppure non possedendo ancora tutti i requisiti di una ciclovia europea, è tutta percorribile e tutta servita dall’intermodalità treno + bici, tutti gli altri progetti sono, nel migliore dei casi, ancora nella fase di studio di fattibilità o in una fase embrionale di realizzazione (molto parziale).

Da quanto emerso dai dati forniti dai vari relatori, la realizzazione di una ciclovia può costare mediamente dai 100.000 ai 290.000 €/km. Non sono costi esagerati se rapportati a quelli della costruzione di altre infrastrutture come strade, autostrade e ferrovie, ma sono comunque rilevanti e non sempre risolutivi.

Infatti, mettendo insieme i dati del Rapporto con quelli dei progetti delle ciclovie emerge il fatto che il Cicloturismo in Italia esiste a prescindere dalle Ciclovie. Il tema quindi andrebbe spostato su un altro piano che coinvolge il sistema paese nel suo complesso.

Le strade in Italia ci sono e sono bellissime anche se, la maggior parte, in stato di abbandono. Sono le strade che consentono di raggiungere anche gli angoli più remoti del Bel Paese. Bisognerebbe, riclassificarle, riqualificarle e renderle fruibili per i ciclisti e i cicloturisti.

Un piano nazionale di riqualificazione delle strade esistenti accompagnato dalle risorse per la manutenzione ordinaria e straordinaria, per la segnaletica e per la sicurezza, insieme ad una riforma intelligente del Codice della Strada, otterrebbe risultati sicuramente più immediati, con minore impatto e maggiori ritorni per territori più vasti.

Ben venga il completamento delle ciclovie finanziate e in fase di progettazione, ma per lo sviluppo del Cicloturismo bisogna abbandonare la logica delle opere pubbliche e lavorare sulla riqualificazione della rete esistente e intervenire sulla cultura della condivisione, affrontando in modo appropriato il problema/opportunità della convivenza sulle strade.

 

Valter Ballarini

Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.

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La valle incantata from Euromediaitalia on Vimeo.

Il viaggio in Italia ha origini antiche. Indipendentemente dal mezzo utilizzato (carrozza, carro, cavallo o a piedi) il viaggio in Italia era molto più difficile e complicato rispetto al viaggio in aereo, in auto o con il treno dei giorni nostri. Con le biciclette moderne è abbastanza facile anche il viaggio in bici, sicuramente più faticoso, ma realizzabile da un gran numero di ciclisti.

Spesso si fa confusione tra viaggio e vacanza. Per andare in vacanza è necessario avere tempo, denaro e una destinazione. Per organizzare un viaggio, invece, non bastano gli ingredienti della vacanza, ci vuole anche una forte motivazione. Continua a leggere

Valter Ballarini

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I termini utilizzati per definire la mobilità pedonale e ciclabile si riferiscono in generale alla lentezza, al passeggiare, al vivere gli spazi pubblici, enfatizzando le differenze con una mobilità meccanizzata, invasiva e frenetica.

Questa terminologia non sempre si può applicare alla mobilità in bicicletta.

Chi va in bicicletta ama anche la velocità, il piacere della guida, il sentirsi tutt’uno con la propria bicicletta.

Pedoni si nasce, ciclisti si diventa. Continua a leggere

Valter Ballarini

Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.

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La tipologia della bici “Gravel” è nata recentemente negli USA. La traduzione di “Gravel“, termine inglese, è “ghiaia“. Il termine applicato alle bici sta a significare che queste sono adatte a percorre strade sterrate, le nostre carrarecce o strade bianche di campagna. Negli USA le strade secondarie sono quasi sempre sterrate e non è un caso che anche la Mountain bike sia nata in America negli anni ’80.

La Gravel nella forma sembra una bici da strada ma, in realtà, presenta molte caratteristiche che la differenziano da questa tipologia. Continua a leggere

Valter Ballarini

Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.

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