Guardando in tv la classica del Nord “Amstel Gold Race” sono rimasto impressionato dalle bellissime stradine secondarie destinate ad una mobilità dolce, dove automobilisti e ciclisti si rispettano condividendo lo stesso spazio.
Ho scattato queste foto inquadrando la tv, perché sono la prova di un approccio molto pragmatico, volto a risolvere i problemi in modo semplice, creando opportunità.
In Olanda, per consentire la mobilità dolce su strade secondarie, hanno stabilito una regola condominiale: la strada è di tutti, senza distinzione. Alle auto è riservata la carreggiata centrale e ai ciclisti quelle laterali. Ma questo non in modo esclusivo. Le auto viaggiano al centro della strada in presenza di ciclisti, ma possono transitare occasionalmente anche sulla corsia di destra, in assenza di ciclisti, quando sopraggiunge un altro veicolo nella direzione opposta. Ovviamente, tutti devono procedere più lentamente, facendo attenzione. Le linee bianche sono infatti tratteggiate e lasciano liberi i vari utenti di valicarle ma nel rispetto reciproco e in base alle condizioni oggettive del traffico.
E’ possibile che in Italia tutto questo non solo non sia possibile, ma impensabile ?
Perché la soluzione è realizzare nuove infrastrutture e non riqualificare quelle esistenti ?
Costa di più ? No, costa meno.
Ci vuole più tempo ? No, ne basta molto meno. Non si devono fare espropri, trovare risorse ingenti, perdersi in procedure macchinose e dall’esito incerto.
Basta guardarsi intorno, anzi, basta solo guardare una corsa in tv per capire che si può fare.
Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.
https://i0.wp.com/mybikeway.it/wp-content/uploads/2021/04/IMG_20210419_231357-scaled.jpg?fit=2560%2C1447&ssl=114472560Valter Ballarinihttp://mybikeway.it/wp-content/uploads/2018/02/my-bike-way.pngValter Ballarini2021-04-20 00:10:142021-04-20 00:10:17Come mai in Olanda è possibile ma in Italia impensabile ?
Spesso si ha bisogno del pensiero laterale per affrontare e risolvere problemi che sembrerebbero senza soluzione.
I temi della sicurezza e della ciclabilità vengono affrontati un po’ da tutti, governo, parlamento, enti locali, comprese le organizzazioni che rappresentano i ciclisti, con la logica delle infrastrutture che ha caratterizzato il XX secolo.
Se le strade a traffico promiscuo sono insicure per i ciclisti, la soluzione apparentemente ovvia è quella di costruire le piste ciclabili (leggi anche “Le ciclabili sono la soluzione per gli automobilisti”), nuove infrastrutture destinate esclusivamente a loro (ma spesso anche ai pedoni) così da confinarli entro binari “sicuri”, togliendoli dalle strade, ed evitando così che siano di intralcio per gli altri veicoli a motore.
Se questa può essere una soluzione in ambito urbano (ma poi vedremo perché non lo è in assoluto), in ambito extraurbano è puramente teorica e difficilmente praticabile, oltre che penalizzante per i ciclisti.
Realizzare una pista ciclabile è come realizzare una nuova strada. Ha dei costi di costruzione rilevanti e necessita di procedure burocratiche (espropri e autorizzazioni) dagli esiti incerti, oltre a tempi lunghi di realizzazione.
Questo vale sia in ambito urbano che extraurbano.
L’esperienza sul campo dimostra che le ciclabili urbane, quelle ben progettate, che seguono criteri logici, non episodiche, che formano una rete percorribile in continuità, sono molto utili e frequentatissime. Ma poche città in Italia posso vantare la presenza di una rete ciclabile con queste caratteristiche. Quasi sempre troviamo solo alcuni tratti di ciclabili ben realizzate che collegano il nulla con il nulla e, chiaramente, non vengono utilizzate dai ciclisti
Quelle extraurbane, quando ben realizzate e interconnesse con punti di scambio intermodale, che attraversano i borghi e i piccoli centri urbani, immerse nella natura e provviste di servizi, sono anch’esse frequentate da numerosi ciclisti. Ma queste ciclabili si contano sulla punta delle dita perché non sono contemplate nell’immaginario dei progettisti e degli amministratori.
Così, quelle realizzate con lo stesso criterio delle autostrade, con un unico punto di accesso e di uscita, separate dal contesto, sono meno frequentate dai ciclisti e, dopo pochi anni dalla loro realizzazione, diventano impraticabili per assenza di manutenzione. Solo i tratti prossimi ai centri abitati vengono frequentati, ma non dai ciclisti. Prevalentemente runner e pedoni con cane al guinzaglio.
Nonostante le poche esperienze realizzate ci insegnino molto sull’utilità e inutilità delle piste ciclabili e ci forniscano utili indicazioni su come progettarle, il pensiero dominate si rifà a questo modello astratto basato sulla separazione virtuale dei flussi di traffico per categorie.
Lo stesso progetto delle ciclovie turistiche nazionali (leggi anche “Che fine hanno fatto i progetti delle Ciclovie…”) risente di questo approccio, nonostante sia evidente la sua impraticabilità nel contesto italiano dove, tranne in pochi tratti pianeggianti, predomina il paesaggio collinare e montuoso che rende impossibile il rispetto degli standard teorici di percorribilità e sicurezza.
La soluzione viene subordinata all’approccio ingegneristico che domina nei ministeri e negli enti locali e il risultato è che i progetti sono particolarmente complessi, le risorse economiche non sono sufficienti, i tempi di realizzazione si allungano a dismisura.
Invece di cambiare rotta, si continua ad affrontare la cosa sempre allo stesso modo con risultati deludenti e scoraggianti.
Qui entra in ballo il pensiero laterale.
Ma perché non pensiamo di utilizzare ciò che già esiste ?
Perché non pensiamo di rendere ciclabili le strade minori esistenti che costituiscono una fitta rete di collegamento tra i numerosissimi borghi e frazioni disseminati nel nostro territorio ?
Si tratta di un patrimonio enorme, di rilevante valore economico, culturale, sociale e turistico, oggi difficilmente valorizzabile perché difficilmente raggiungibile.
Le stesse strade minori sono un patrimonio di grande valore (leggi anche “Strade da Vivere”). Non sono state progettate in base ai criteri della velocità, raramente attraversano montagne con lunghe gallerie, sono integrate nel paesaggio di cui fanno parte, sono utilizzate per le produzioni agricole, servono a collegare e rendere vivibili anche le frazioni più remote.
Queste strade che accarezzano il territorio sono l’eredità plurimillenaria che ci hanno lasciato i nostri antenati.
Perché non utilizzarle ? Perché non costruire, attraverso la loro valorizzazione, un modello alternativo di sviluppo economico, sociale, culturale, basato sulla conoscenza del territorio e sulle comunità e culture che lo abitano ?
E’ più facile di quanto sembri. Si tratta di adottare dei criteri semplici di riclassificazione di questo enorme e complesso patrimonio di strade utilizzando una metodologia di analisi condivisa e praticabile.
Un esempio virtuoso: il Masterplan per la Mobilità Dolce della Provincia di Siena
La Provincia di Siena è la prima provincia italiana che si è dotata recentemente di un Masterplan per la Mobilità Dolce (Leggi l’articolo) basato su una metodologia di indagine che consente la riclassificazione delle strade esistenti secondo parametri ben definiti che, oltre a fotografare l’esistente, suggerisce quali interventi manutentivi e di qualificazione debbano essere realizzati per guadagnare nel tempo un rating che le renda più appetibili, dal punto di vista della percorribilità, fruibilità e sicurezza, ai flussi cicloturistici che si intendono attrarre nei vari territori.
Questa metodologia, validata sul campo, ha richiesto alcuni anni per essere messa a punto ma ora è disponibile per essere applicata su tutto il territorio nazionale grazie al fatto di essere stata adottata dalla Provincia di Siena e da alcuni Comuni del senese che, a livello prototipale, la stanno sperimentando per attrezzare il proprio territorio con una visione unitaria e una logica condivise.
La cosa veramente interessante e innovativa di questo approccio sta nel fatto che questa rete di percorsi cicloturistici non è vista come un organismo statico, e la classificazione dei singoli segmenti che la compongono può essere aggiornata nel tempo a seguito di interventi strutturali migliorativi o condizioni degenerative (per incuria o calamità).
La tecnologia utilizzata (una App che trasferisce i dati rilevati in tempo reale) rende più facile il compito ai gestori delle strade, agli Enti Locali che promuovono i percorsi cicloturistici e ai certificatori che stabiliscono il rating delle singole tratte in base a specifici indicatori.
Sicuramente si tratta di un primo passo utile non solo alla valorizzazione di un territorio particolarmente vocato al cicloturismo, ma di un approccio metodologico innovativo per avviare una nuova fase di valorizzazione delle risorse territoriali.
Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.
Appena dopo il terremoto del 2016, si è costituita a Terni una Associazione di ciclisti per raccogliere fondi da destinare a iniziative per il rilancio della Valnerina.
L’Associazione si chiama Ciclisti Uniti per la Valnerina (CUV) e in questi anni ha organizzato molte iniziative finalizzate allo scopo e, appena raggiunta una somma sufficiente, l’ha utilizzata per realizzare il progetto delle Cronoscalate della Valnerina.
La Valnerina, una valle decisamente bella e interessante per la sua natura, per la storia e la cultura di cui conserva straordinarie tracce, è il terminale orografico di valli laterali altrettanto affascinanti, che vi confluiscono e che in pochi conoscono, poiché i flussi turistici sono prevalentemente attratti dal fondo valle.
L’Associazione Ciclisti Uniti per la Valnerina, che è composta da ciclisti che conoscono bene questi territori, con il progetto delle Cronoscalate ha inteso valorizzarli creando le occasioni per andarli ad esplorare in bicicletta.
Sostanzialmente il progetto prevede alcune salite “epiche” per bellezza e difficoltà, segnalate con dei cartelli che indicano l’inizio e la fine del tratto cronometrato, la progressione dei km, un cartello ogni 2 km a scalare (vengono indicati i km dispari mancanti), e i traguardi intermedi.
I segmenti sono presenti su STRAVA e concorrono a definire una classifica che tiene conto di tutti coloro che affrontano le salite utilizzando l’App specifica o semplicemente trasferendo la traccia generata con un dispositivo gps su STRAVA.
Le salite possono essere affrontate singolarmente, in più occasioni, o tutte di seguito scegliendo uno dei due percorsi di 132 km e 3025 m di dislivello complessivo che partono rispettivamente da Arrone (per chi viene da Terni e da Roma) e da Sant’Anatolia di Narco (per chi viene da Spoleto e da Perugia).
Le salite sono tutte impegnative ma su strade poco trafficate, percorribili tutto l’anno. Tre di queste salite prevedono anche un traguardo intermedio per cui, complessivamente si possono programmare 7 differenti salite dove poter testare il proprio stato di forma e partecipare a delle sfide virtuali con tutti coloro che vorranno cimentarsi nelle cronoscalate utilizzando l’App STRAVA che è quella più utilizzata in tutto il mondo e che offre molte funzionalità interessanti come, in questo caso, le classifiche complete su specifici segmenti.
CRONOSCALATA ARRONE – POLINO – ACQUAVIVA
Si parte nei pressi del borgo di Arrone, al bivio tra la Forca di Arrone e la strada per Polino. Il primo tratto è in leggera salita fino a superare le due frazioni di Valleludra e Vallecupa. La salita vera inizia poco prima dell’abitato di Rosciano, appena superato l’acquedotto del Nera, e prosegue costante fino al borgo di Polino, dove è sistemato il traguardo intermedio. La salita prosegue sempre costante con pendenze a due cifre per altri 6 tornanti per poi arrivare alla fontana di Acquaviva dove, poco prima, è sistemato l’Arrivo.
La salita è impegnativa per pendenza e lunghezza, e va affrontata con intelligenza senza forzare troppo nel primo tratto meno ripido perché poi, non lascia tregua.
CRONOSCALATA CESELLI – MONTE SAN VITO
Si parte nei pressi del borgo di Ceselli, prendendo a destra in direzione Monte San Vito. Dopo il ponte sul Nera si incontra una fontanella e poco dopo c’è il cartello che indica il punto di partenza della Cronoscalata. Dopo un tratto rettilineo (impegnativo) bisogna affrontare 14 tornanti prima di raggiungere il borgo di Monte San Vito.
La salita è particolarmente impegnativa con una pendenza media del 9% e punte del 16%. Benché non sia la cronoscalata più lunga, è considerata dai ciclisti locali “la bestia nera” perché è veramente impegnativa.
CRONOSCALATA SANT’ANATOLIA – CASO – GAVELLI
Si parte dal piazzale sottostante il borgo di Sant’Anatolia di Narco e, superato il ponte sul Nera si affronta la salita che nel primo tratto, fino all’attraversamento dell’abitato, non si presenta molto dura. Subito dopo inizia un tratto duro con pendenze a due cifre fino ai primi 4 tornanti, superati i quali, diventa più pedalabile e, prima del traguardo intermedio di Caso, addirittura spiana per 500 metri. Dopo il borgo di Caso riprende la salita impegnativa con due coppie di tornanti prima di un tratto pedalabile a cui fa seguito l’ultimo tratto particolarmente impegnativo.
Una cronoscalata che non ha nulla da invidiare alle salite alpine, con un paesaggio bellissimo e un dislivello considerevole. Salita dura per lunghezza e per le pendenze a due cifre nel primo e nell’ultimo tratto.
CRONOSCALATA CASTEL SAN FELICE – FORCA DI CERRO
Si parte nei pressi del borgo di Castel San Felice e si affronta subito il tratto più duro che porta al traguardo intermedio, poco prima del bivio che immette sulla strada proveniente da Piedipaterno. Si prosegue a sinistra superando l’abitato di Grotti per arrivare al valico percorrendo una salita pedalabile.
Delle quattro cronoscalate è sicuramente quella più facile da affrontare ma non è da sottovalutare il primo tratto che presenta pendenze costanti a due cifre.
Per concludere, penso che questa iniziativa sia l’occasione per conoscere un territorio bellissimo in una modalità innovativa, interpretabile sia in modo rilassato (cicloturistico) che agonistico. Le sfide in salita sono l’anima del ciclismo e in questo modo si ha la possibilità di viverle in totale libertà e senza stress. I segmenti STRAVA sono una innovazione particolarmente interessante e hanno avuto un notevole successo planetario perché danno la possibilità a milioni di ciclisti di cimentarsi in sfide virtuali distanti nel tempo su una infinità di percorsi. Le Cronoscalate della Valnerina, oltre ai segmenti cronometrati, mettono a disposizione una segnaletica di riferimento che fa la differenza.
Purtroppo da quest’anno STRAVA rende visibili i segmenti solo agli abbonati (il costo di abbonamento annuale è di circa 60€) ma, poiché l’accesso alla piattaforma è gratuito, i dati relativi alle cronoscalate di chi non è abbonato sono comunque registrati.
Personalmente avevo già sottoscritto l’abbonamento annuale in precedenza perché ritengo STRAVA una delle poche applicazioni affidabili e utili, ma capisco che chi è abituato ad avere tutto gratis sul web sia poco disposto a pagare per avere un servizio che prima era gratuito. D’altra parte il modello di business di quasi tutte le piattaforme web sta cambiando radicalmente e io preferisco pagare per un servizio utile senza pubblicità invadente, piuttosto che essere disturbato da annunci e offerte mirabolanti di cose che non mi interessano.
Nato a Terni, in Umbria, ciclista, randonneur, guida cicloturistica, da anni esplora il mondo del Ciclismo non solo come fenomeno sportivo ma come modalità più consapevole di osservare e vivere la realtà. Architetto, in passato, ha realizzato progetti come la Bibliomediateca e il Videocentro a Terni, la Città del Gusto del Gambero Rosso a Roma, il Virtual Reality & Multi Media Park di Torino.